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mercoledì 30 maggio 2007

Il coraggio di essere Uno

In vista del Matsuri, la tradizionale festa di fine anno del corso di karate, sono un paio di settimane che il maestro ci prepara al combattimento con un esercizio chiamato "Sannin". In giapponese "san" significa tre e "sannin" è il combattimento a tre, due avversari contro uno.
E' una prova difficile, per me sicuramente!, che richiede grande concentrazione, coraggio, riflessi e, ovviamente, la conoscenza di un paio di tecniche fondamentali di attacco e parata.
Mi rendo conto, con il passare del tempo, di quanto sia sottile l'arte del combattimento, ogni allenamento è un'esperienza a sè stante, ricca di spunti e sensazioni da osservare.
E' difficile rendere a parole come ci si sente in quei momenti, con due persone pronte ad attacarti, il silenzio, il battito del cuore, il corpo teso, le gambe immobili ma pronte a scattare, lo sguardo fisso a metà tra i due avversari con quello che il maestro chiama "sguardo plus/minus" cioè lo sguardo che vede tutto e niente, diffuso, non puntato su uno dei due ma, in qualche modo, esattamente su entrambi.
La cosa più difficile è restare uniti, ossia essere UNO con chi attacca, non staccarsi, non scappare nè fisicamente nè, ieri il Maestro diceva, mentalmente.
Perchè magari uno sta immobile, ma dentro di sè, nel suo cuore, è fuggito mille chilometri lontano, al sicuro; e se scappi non funziona, ti attaccano e tu sei via, altrove, impaurito, lento, hai già perso.
Essere uno con l'avversario significa diventare lui, muoversi con lui, in sincronia, pensare come lui. Difficilissimo perchè in occidente non sappiamo cosa significhi "restare uniti", ci hanno insegnato che l'altro è appunto altro da sè, diverso, separato, bisogna starne lontani, prestare attenzione, potrebbe essere pericoloso!
Ci vuol coraggio a essere uno e il coraggio si coltiva, come una piantina, annaffiandolo giorno per giorno, con dolcezza.

martedì 29 maggio 2007

Forse non tutti sanno che...

..esiste un metodo veramente facile e garantito per smettere di fumare. Lo giuro, l'ho provato di persona e funziona: dopo 23 lunghissimi anni di onorata carriera come fumatrice grazie a questo libro ho smesso rapidamente e in modo definitivo.
Il libro è stato scritto da un inglese, Allen Carr, fumatore accanito per oltre 30 anni, che ha ideato un metodo semplicissimo per smettere.
Quando mi sono decisa a comprare questo libro ero veramente convinta che niente e nessuno sarebbe mai riuscito a farmi smettere, troppi e vani erano stati i tentativi e dopo periodi anche lunghissimi (tipo 5 anni) in cui ero riuscita completamente a smettere ma avevo poi ricominciato come se niente fosse, ero certa che il fumo mi avrebbe accompagnato per il resto della mia vita.
Ragazzi, non è così e so PER CERTO che questa volta non ricomincerò. Lo so perchè a differenza delle altre volte in cui, non appena smettevo, cominciavo a guardare i fumatori con un'invidia smisurata e ogni momento "speciale" passato senza le sigarette mi sembrava incolore e privo di qualsiasi attrattiva adesso sono assolutamente INDIFFERENTE nei confronti dei fumatori e nei momenti speciali o ansiogeni (feste, tramonti, aperitivi, cene, esami, colloqui, ecc...) non mi passa neanche per la mente l'idea di accendermi una sigaretta.
Questo signore con il suo libro è riuscito ad eliminare dalla mia mente ogni pensiero positivo, o desideroso, relativo al fumo. I momenti speciali sono speciali anche senza le siga; stare in mezzo ai fumatori non mi fa nè caldo nè freddo; la pausa caffè è una pausa caffè, nè più nè meno.
Non mi frega più nulla delle sigarette, davvero, come se gli ultimi 23 anni fossero stati un brutto sogno.
Il libro costa solo 10 euro, non avete niente da perdere, in bocca al lupo.

lunedì 28 maggio 2007

Ciliegie VS Funghi 1-0

Sono nata in una famiglia di raccoglitori di funghi, ma non semplici raccoglitori occasionali, di quelli che ogni tanto la domenica, se proprio non si può andare al mare o al ristorante prendono la macchina e vanno a fare un giretto nei boschi, in un bosco qualunque ad un'ora qualunque e raccolgono funghi qualunque, no no, raccoglitori professionisti, di quelli che si alzano alle 5 e partono con il GPS verso il mitico bosco dove una volta, 4 anni fa, il nipote dell'amico del collega aveva trovato un porcino e, naturalmente, non si chinano neanche a raccogliere colombine, pineroli, chiodini, mazze di tamburo; nella mia famiglia si raccolgono solo porcini e finferli (= galletti), ottimi per il risotto.
Abbiamo interi album di fotografie che ritraggono tutti i membri della famiglia, almeno 4 generazioni, assieme a dei porcini; anche qui, non foto amatoriali ma vere e proprie composizioni, con i funghi disposti nei cesti, sul tavolo, sui balconi di legno dei vari chalet, nelle cassette in mezzo alle foglie di felce e accanto sono sempre indicati la data, il luogo (non precisissimo, mica vorremmo farci fregare il Posto, eh?) e, dato più importante, il peso in chilogrammi.
Adoro raccogliere funghi, davvero, mi piace camminare nei boschi, occhi a terra, scostando foglie e aghi di pino col bastone e il tuffo al cuore di quando si scorge un fungo e si può intonare il fischiettìo rituale (abbiamo anche quello) che segnala al parentado il ritrovamento del porcino.
Però però.
Ieri, per la prima volta, a Castelcinto, abbiamo raccolto le ciliegie dai nostri alberi. Chili e chili di ciliegie, di tutte le varietà, appena lavate dalla pioggia, di un rosso carminio sfavillante e lucente.
A testa in sù, attaccati ai rami più bassi, il sacchetto appeso al braccio, una cosa mai vista e mai provata, le dita che frugano fra le foglie e staccano con delicatezza grappoletti di 5 - 6 ciliegie, una la mangio, le altre nel sacchetto, mi sono persino arrampicata sul ciliegio dietro al fienile e ho strisciato su un lungo ramone per cercare di raccogliere quelle sui rami più alti.
Follia, follia e bramosia, e se penso a tutte quelle che non abbiamo raccolto affitterei una piattaforma da traslochi per raggiungere anche quelle che svettano nel vento sui rami più alti.
E in questo delirio ciliegesco ho pensato che i funghi mi fanno veramente un baffo.
Ragioniamo: per andare a funghi mi devo alzare all'alba, partire con generi di conforto di vario genere (perchè magari nel primo bosco non si trova nulla e bisogna cambiare vallata, perdendo ore preziose), comprare il salatissimo tesserino di permesso, scarpinare per i ripidissimi boschi scivolosi e fogliolati per poi magari trovare un paio di porcini e una manciata di finferletti.
Mentre, per le ciliegie devo alzare un braccio e raccoglierle.
Non ci penso neanche.
Chiedo di essere diseredata ufficialmente dalla famiglia fungaiola e di entrare a fare parte, altrettanto ufficialmente, di quella ciliegina.

venerdì 25 maggio 2007

Proposta di Legge

Finalmente!!! l'aspettavo da tanto e fra poco troveremo anche in Italia la pillola anti-ciclo, la salvifica, benefica, santissima pillolina che eliminerà, mi auguro in modo definitivo, le antipatiche e anacronistiche mestruazioni.
Ma come si fa, dico io, nel 2007 a subire ancora questa barbara funzione fisiologica, anti-igienica, anti-estetica, dolorosa e, soprattutto, inutile?
Che ce ne facciamo noi donne del ciclo sinceramente non lo so, non riesco a intravvedere alcun vantaggio: pessimo umore, gonfiori, crampi, la sensazione di sfinimento e ansia e poi, diciamocelo, perchè solo noi? Ma che, ci ha portato la piena? Almeno facessimo un po' per uno con i signori maschietti...
E allora, in attesa che la provvidenziale pillolina arrivi anche in Italia propongo di mettere fieno in cascina con una bella proposta di legge, almeno ci portiamo avanti e ci prepariamo spiritualmente all'avvento di una nuova era (altro che Age of Aquarius, tsk).
Il testo potrebbe essere il seguente:
" Cara amica, cara cittadina,
stiamo per assistere ad una rivoluzione che interesserà tutte noi, giovani e anziane, di qualunque religione, credo e istruzione.
Entro breve saremo libere dal ciclo e potremo riappropriarci della nostra vita, delle nostre priorità, dei nostri bisogni. Questa proposta di legge mira a regolamentare la Femminilità, di modo che, una volta sterilizzate e acicliche, metteremo a frutto nel migliore dei modi la nostra nuova personalità:
1) L'assunzione della pillola anti-ciclo sarà resa obbligatoria a partire dai 12 anni, pena 2 anni di reclusione per atteggiamento restauratore e tradizionalista di ostacolo al Progresso.
2) Tutte le donne si impegnano ad assumere una personalità e un comportamento di tipo maschile, evitando di indugiare in atteggiamenti femminili, tipicamente piagnucolosi e lamentosi;
3) Dall'entrata in vigore di questa legge saranno ritenute illegali e passibili di sanzioni pecuniarie le seguenti attività:
  • dispensare coccole, bacini, abbracci ed altre forme di consolazione o approvazione;
  • tergiversare in fantasie, sogni ad occhi aperti, chimere;
  • dare credito e/o fare affidamento su intuizioni e presentimenti;
4) Ciascuna donna dovra sforzarsi in massima misura di non avere alcuna reazione, fisica od emotiva, al variare del ciclo lunare; la luna sarà considerata esclusivamente un satellite del pianeta Terra;
5) Parole come: amore, tenerezza, dolcezza, bambino, vita, morte, Terra, madre e simili non rivestiranno più un significato particolare nè daranno adito ad impulsive reazioni o emozioni;

Certe di incontrare il massimo appoggio e la massima stima vi diamo appuntamento all'alba del Nuovo Giorno,
hasta la libertad siempre.



mercoledì 23 maggio 2007

Il battito dell'universo

"Taiko" è una parola giapponese che significa genericamente "tamburo"; ne esistono di diversa forma, fattura e grandezza ma tutti si suonano allo stesso modo: la pelle viene percossa con i "bachi" (pron. baci), 2 bacchette di legno di una quarantina di centimetri e peso non indifferente.
Come tutte le discipline giapponesi anche il Taiko Do, la Via del Taiko, è una Via che richiede una dedizione e un amore eccezionali, è una Via di fatica, di rigore, di impegno.
Con il taiko è stato un colpo di fulmine: la prima volta che ho sentito i miei amici suonare è stato come se mi scoppiasse un temporale nel cuore, un'emozione mai provata, come un terremoto nelle ossa. Mamma mia, che potenza!
Ho chiesto di poter suonare, subito, anche io.
Con i bachi in mano, davanti ad un tamburo, mi hanno detto ora suona, alza il braccio e mentre lo abbassi colpisci il centro del tamburo. BBUMMM.
I primi colpi erano da infarto: tremavano il braccio, la pelle, la bacchetta, il suono assordante che usciva mi sfondava il timpano.
E ancora: un miliardo di cose da tenere a mente, la posizione davanti al tamburo, la sequenza dei movimenti, la strofa della canzone, come tenere le bacchette in mano, il respiro, lo sguardo e la distanza dal tamburo.
Ma poi ("dàlle e dàlle si spezza pure 'o metalle", come dice un amico pugliese) piano piano si inizia a suonare, lentamente si impara la canzone, un po' alla volta si inizia anche ad avere un ritmo e i rumori che escono dal tamburo cominciano ad avere una musicalità.
E qui uno dice è fatta, sono arrivato, suono il tamburo.
Illuso.
La Via inizia adesso. Perchè la Via del tamburo non è suonare il tamburo, è suonarlo assieme agli altri. Credo che questa sia la cosa più difficile per un occidentale: fare qualcosa, qualunque cosa, assieme ad un altro.
Nel nostro gruppo siamo in 12 e suonare assieme non significa avere 12 individui che suonano ciascuno la propria canzone, no no, vuol dire che se io rallento tutto il gruppo rallenta, se Massimo accelera tutto il gruppo accelera, se Carlo dimentica la strofa girarsi verso di lui e cantarla ad alta voce, se la Giulia è preoccupata per l'esibizione provare e riprovare fino alla perfezione, se Marcello non ha imparato il pezzo ripeterlo tutti insieme finchè non è entrato.
Non si può suonare da soli, perchè suonare da soli è come vivere da soli, senza nessun altro attorno, senza nessuno con cui parlare.
Non si suona mai da soli e non è facile perchè vuol dire rinunciare a sè in favore degli altri, rinunciare a fare vedere come si è bravi, come si suona bene, rinunciare allla propria individualità, al proprio Ego. Non è facile perchè ciascuno parla la sua lingua, con i suoi tempi e i suoi ritmi, ciascuno suona la sua canzone che è molto simile alla tua, sembra quasi uguale, solo io la farei un po' più veloce, un po' più vivace.
Però, ragazzi, quei rari momenti in cui i 12 tamburi vibrano all'unisono, allo stesso ritmo, con la stessa intonazione, quei fugaci momenti in cui veramente siamo Uno, un unico braccio, un unico tamburo, un unico suono, in quei momenti si respira ar monia, si DIVENTA armonia, tutte le cellule del corpo si allineano al cielo, alla terra, al fuoco; in quei momenti tutti noi respiriamo un unico respiro, siamo un'unica anima che suona l'universo.

martedì 22 maggio 2007

Incontri ravvicinati del terzo tipo

Me l'aspettavo e infatti è successo di nuovo: ieri pomeriggio sono stata oggetto di trasmutazione.
Non so perchè succeda, nè perchè proprio a me, nè perchè accada solo quando vado dal dentista ma ormai è una certezza: entro che sono una matura ragazzona di 35 anni, vestita da adulta, con la borsetta, l'agenda, gli occhiali e tutti gli ammenicoli del caso e loro, gli abitanti dello studio dentistico, vedono la mia versione trasmutata, cioè una piccola Campagnolina di 6 anni, ingenua e inesperta (chissà se mi si rimpiccioliscono anche i vestiti?).
E, visto che ai loro occhi ho veramente 6 anni, mi trattano come se fossi una bamboccetta delle elementari e mi fanno domande del tipo ma che spazzolino usi? e come lo usi, lo giri o lo tieni fermo? e senti un po' (bella bambina) ma lo usi il filo interdentale? No, uso l'idropulsore, dico io, ma loro probabilmente per effetto della trasmutazione, sentono qualcosa del tipo no signore, gioco con quel coso che spruzza l'acqua e mi diverto tanto! E allora mi rispondono che non bisogna giocare con l'acqua, ma bisogna diventare amici del filo interdentale, bisogna "convertirsi al credo del filo!" (sic). A parte che mi chiedo se uno che diventa amico del filo interdentale si definisce "filofilo", ma poi: vi volete mettere d'accordo? Il dentista che avevo prima era un fan dell'idropulsore, questo invece è un credente del filo, mannaggia ma io che devo fare?
In tutti i casi non è possibile evitare lo spiegone di rito ( e come umanamente potrei? sono sdraiata a testa in giù, con un faro dell'Olimpico sparato nelle pupille e due manone gigantesche che ravanano nelle mie gengive): ad esempio, lo sapevate che la placca batterica è uguale alle alghette che ricoprono le pietre dei laghi? Io non lo sapevo, ma visto che ora, grazie alla mia dentista, sono una persona acculturata lo scriverò nella ricerca di scienze.
Ma non è finita.
La visita si conclude sempre nello stesso modo: la dentista con una raccapricciante dentiera in una mano e un grande spazzolino nell'altra che mi mostra, bontà sua, come si lavano i denti, mentre io annuisco comprensiva e paziente, dondolando i piedi dalla poltrona e non dovrei essere così paziente visto che non mi hanno neanche offerto il leccalecca a forma di Winnie the Pooh, ecco.

venerdì 18 maggio 2007

Precisazioni

(Mi scuso in anticipo con coloro non frequentano le autostrade nostrane e non sono di conseguenza minimamente interessati all'argomento e con chi possiede una delle sotto elencate macchine e ha un comportamento irreprensibile)

Visto l'ampio dibattito fiorito attorno alla frase "meditavo anche sull'accoppiata cervello-proprietario di un'AUDI che non deve essersi mai verificata nel corso della storia" urgono alcune precisazioni:
1) le Golf sono fondamentalmente giocherellone, folkloristiche e non troppo pericolose: fanno esotici sorpassi a zig zag, ti stringono da sinistra, inchiodano a sorpresa, hanno l'autoradio a tutto volume e i dadoni pelosi appesi allo specchietto; la Golf non ti vuole male, vuole solo giocare, divertirsi con te, un po' come quei cuccioloni che ti saltellano intorno col rametto in bocca, ecco così.

2) Bmw e Mercedes sono delle serafiche signore che non si scompongono mai: con placida eleganza ti arrivano a 200 all'ora da dietro, si infilano nel tuo bagagliaio e lì stanno, senza sfanalare, suonare o dare segni di volgare nervosismo, fino a che non cedi loro il passo;

3) poi abbiamo le Audi, le isteriche, ansiolitiche, nevrotiche Audi, macchine moderne, indaffarate, non hanno tempo da perdere loro!!! Mica come te, che occupi corsie preziose perché non hai niente di meglio da fare.
Le Audi sfanalano, ti pressano, ti rosicchiano la targa, ti strappano a morsi il bagagliaio, poi indietreggiano un pochino e ripartono alla carica, tu nello specchietto non vedi più niente solo 4 lettere, IDUA, enormi, inquietanti.
Dentro di te due pensieri fanno a botte per avere la meglio sulle tue azioni: il primo, saggio, dice scappa, sparisci, spostati! Scava una buca e sotterrati, butta via la macchina, trova un pertugio nel TIR che stai superando e infilati!!! Il secondo pensiero, invece, ti sussurra rallenta, scala in prima, fermati prendi con calma il crick e sfondagli il parabrezza, ti prego, solo una volta, ammazzane uno per educarne cento….

giovedì 17 maggio 2007

car washing

Quanto mi piace lavare la macchina non avete idea.
Ma non metterla nei rulloni spazzoloni che fanno tutto da soli e tu stai fuori a vedere, no no, mi piace andare all'autolavaggio fai da te, dove prima si prende il tubicione e si spruzza tutta l'acqua sopra e sotto, tra i cerchioni e sui finestrini, poi si prende la spazzolona insaponata e si strofina ben bene, anche dietro gli specchietti e sotto i tergicristalli e alla fine si sciacqua via il sapone con un altro tubone. FRRRRR FRRRR
Mi piace uscire dall'autolavaggio con la macchina gocciolante che riluce sotto il sole e asciugarla al vento correndo a casa.
E ieri, dopo la giornata infernale, concedermi una sosta all'autolavaggio è stato proprio un bel regalo.

mercoledì 16 maggio 2007

Elogio della CODA


Stamattina, ferma tra lo svincolo Città est e quello Città ovest, dopo una grassa ora di macchina e la previsione di almeno un'altra ora e mezza di coda, quando ormai il sonno aveva ceduto il passo al coma vigile e dopo il coma subentrava uno stato di depressione avanzata e mi veniva da piangere e il viadotto su cui ero bloccata tremava tutto (secondo la nota legge fisica secondo cui i ponti è giusto che oscillino, sennò si frantumano) e il TIR dietro di me suonava all'impazzata perchè non ci muovevamo da un quarto d'ora all'improvviso mi si è accesa una lampadina e ho capito.
Come ho fatto a non pensarci prima? E' così ovvio.
La coda è lo strumento che lo Stato ha escogitato per obbligarci a MEDITARE. Che sciocca! e io che mi scervellavo sul modo per evitarla e maledicevo la Società Autostrade e lo sciopero dei portuali e il fermo delle Ferrovie, me la sono presa persino con gli Appennini, gli stupidi Appennini che stritolano la mia beneamata regione tra mare e pianura, ma 'sti cavolo di monti non potevano spuntare un po' più in là?
No, no, tutto sbagliato.
E' giusto fare la coda, è bene fare la coda, anzi più è lunga meglio è. Perchè la coda fa bene all'anima e allo spirito, è maieutica, stimola la riflessione sui problemi esistenziali, aiuta l'introspezione e serve anche, a ben vedere, al fisico, visto che aspettando aspettando ci si tempra alla fame, al freddo e si trattiene la pipì per delle ore.
I pensieri migliori, i più edificanti, mi vengono proprio in coda: pensavo che dopo tutto l'idea di trasferirsi definitivamente in Olanda e stracciare la cittadinanza italiana non era poi così male, ragionavo anche che mi piacerebbe imparare a maneggiare un lanciafiamme, così, giusto per provarlo su quelli che ti sfanalano perchè non sei scattato a percorrere i 2 metri 2 che ti separano dalla macchina davanti, meditavo anche sull'accoppiata cervello-proprietario di un'AUDI che non deve essersi mai verificata nel corso della storia.
E ancora.
Il concetto di "libertà" assume sfumature del tutto peculiari se osservato dalle sbarre di un auto, guardando altre macchine e altri passeggeri ergastolani, senza manco l'ora d'aria, intrappolati privi di scampo su 3 magnifiche (ahahah) autostrade vanto e orgoglio dell'italica industria.
Fantasticavo sul concetto di "democrazia", così attuale di questi tempi e così poco pratico, ahimè, considerando il fatto che le migliaia di persone in coda assieme a me alla domanda "Vuoi passare almeno 4 ore della tua giornata in macchina,intrappolato in galleria a respirare gas di scarico" avrebbe risposto democraticamente no grazie, ma ahahaha ci hai creduto testa di velluto, la coda la fai lo stesso anche se abbiamo raggiunto il quorum e la maggioranza degli italiani la coda non la vuole.
Insomma, che dire, mi sento grata allo Stato per l'attenzione rivolta alla mia persona e prego ogni giorno di poter fare le mie 2 orette quotidiane di meditazione senza le quali, ne sono certa, non sarei la persona che sono.

lunedì 14 maggio 2007

Mamma piazza

Concepita, mi dicono, in Val d'Aosta, nata in Toscana, migrata prima in Sicilia e forse in Campania, poi a in Lombardia, stabilita in una città di mare per un sacco di tempo, 5 anni a in Piemonte, traslata nuovamente in Toscana, poi in Liguria, rincasata nella città di mare; in tutto questo, forse per paura che restando oltre un mese nello stesso posto potesse spuntarmi una qualche radice a tradimento, rastrellavo il pianeta per lavoro, da Manila a Toronto, da Buenos Ayres a Sydney, l’Europa naturalmente ma anche tutti gli Stati Uniti.
Dopo tutto questo girandolare, quando ormai al risveglio era più lungo il tempo impiegato a capire in che città /casa/ albergo fossi che a svegliarmi, finalmente mi è spuntata la prima fogliolina. E dopo la fogliolina una radicetta e quando la radicetta è diventata abbastanza forte, ho addirittura messo due rami e un tronco: mi sono trasferita spero definitivamente nel paesino campagnolo. Si fa per dire, perché quando la casa di Castelcinto sarà pronta ci trasferiremo ancora, ma il passo è fatto, la distanza è breve, conto di restare in zona per i prossimi 43 anni, sempre che io mediamente viva fino a 78 anni.
Per la prima volta mi ritrovo in un paese, 11.000 anime che, con un po’ di volontà, se uno si impegnasse, in una vita potrebe arrivare a conoscerle tutte.
La vita di paese è diversa da quella di città, la gente è diversa, i negozi, i bambini, il mangiare, tutto è diverso. Intendiamoci: tutti fanno esattamente le stesse cose che in città, nello stesso modo, lavorano, comprano, girano, vanno e vengono, fanno tutto uguale, solo con una piccolissima differenza, lo fanno più lento, estremamente più lento.
Il cassiere della Coop è più lento a passare la merce alla cassa, l’impiegato alla posta è più lento a darti la raccomandata, il furgone davanti a te è più lento a girare, tutto così.
Ma c’è un posto dove la gente non è solo lenta, è proprio FERMA, non va da nessuna parte, è immobile. Un sacco di gente, tutta accalcata, che non si muove.
Un miraggio.
Questo posto è la Piazza, un grande magnete, un cerchio magico, quando ci entri non puoi più camminare, devi per forza fermarti.
E questo chi è nato in città proprio non lo capisce, come fermarmi? perché dovrei fermarmi, ma se sto andando a comprare, ma se ho una fretta boia, ma se sono già in ritardo, non ci penso proprio a fermarmi.
E invece.
Funziona così: non fai in tempo a entrare in piazza che incontri qualcuno, un amico, un conoscente, un vicino e inizi a parlare, a raccontare, chiedi, ti informi, ti aggiorni sulle novità, sulla nonna che era in ospedale, su Lorenzino che ha messo il primo dente, su quell’assegno che la banca non voleva cambiarti, sul compleanno della zia, su quella borsa, bella ma dove l’hai presa?
Ovvio che ci si muove, piano piano, passettino dopo passettino, alla fine si arriva anche dall’altro lato, ma ci si arriva PIENI, pieni di parole, di voci, di visi, di racconti, di pensieri, pieni di calore, di vita, di amore.
Perché la Piazza è come la mamma, che quando ti vede ti deve per forza abbracciare, anche se hai 30 anni e passa e deve sapere tutto, che hai fatto, dove sei andato, a che punto sei. E non ti lascia ripartire senza prima averti dato un bacino, un pezzettino di torta di verdura, un consiglio, un rimprovero, un abbraccino.
Io in città, ora lo so, non mi sono mai sentita piena di niente, mai mai mai.

giovedì 10 maggio 2007

Ho sognato che...

per l'ennesima volta entravo alla UPIM, che nei miei sogni è sempre IMMENSA, salivo le scale, poi scendevo, salivo ancora e trovavo finalmente il reparto delle Grandi Firme e cominciavo a guardare le scarpe. Eccole lì tutte belle allineate, decine di paia, bellissime, originali, dei colori più sfavillanti, le forme più belle e costano pochissimo! Orbene, e qui viene fuori il mio inconscio infame, comincio a provare le scarpe e no, questo è un 38, ok, questo allora? No, un 37. Quest'altro? Nemmeno, un 39. Sgrunt.
Giro le scarpe, guardo la suola: un 36, un 39, un 38, un altro 37, un 40! Lo provo! troppo piccolo, mannaggia, le commesse incalzano, dobbiamo chiudere! E' tardi! Io cerco, cerco, sempre più affannata, scavo nei mucchi di scarpe, tutte a 19 Euro, porca miseria, e il mio numero NON C'E', il mio numero non c'è MAI, sono anni che faccio questo sogno e il mio numero di scarpe non c'è.
Deprimente.
Ora, ditemi voi: perchè? Che senso ha? Perchè cerco le scarpe alla UPIM? Perchè arrivo sempre 5 minuti prima della chiusura? Perchè cerco solo scarpe?
E' grave?
P.S. or che mi sovviene, esiste la variante sadica di questo sogno, ed è quando il mio numero c'è, ma è l'unico paio di scarpe che costa un sacco di soldi!!! sob

mercoledì 9 maggio 2007

Shiatsu VS Spinning 0-1














L'altra sera mi hanno chiamato dalla palestra del paesino per un trattamento shiatsu, alle 8 di sera.
Si è presentato un ragazzo, sulla ventina, a forma di cornetto Algida: spalle enormi, fianchi stretti, gambucce, orecchino, maglia aderente, insomma, uno moderno. Ovviamente non sapeva di cosa si stava parlando: alla parola "meridiano energetico" gli è spuntato un punto interrogativo in faccia che non è più andato via. E fin qui.
Inizio il trattamento in una nuvola di incenso, in sottofondo la mia musichetta new age con lo stormire delle frasche e il cinguettio dei passerotti e contemporaneamente, al piano di sotto, inizia la lezione di SPINNING.
Breve parentesi per quei pochi che non sapessero cos'è lo spinning: un gruppo di sadici, anzichè vedersi all'aperto a fare una sana camminata, si riunisce in una palestra, salgono tutti insieme su delle biciclette e come forsennati al ritmo di una musica tarantolata, sudano lacrime e sangue pedalando all'impazzata incitati da un capo-sadico che urlando in un megafono dà il tempo e il numero di giri pedale da fare. Ditemi voi se questa è vita.
Chiusa parentesi.
Dicevo. Io ero lì, che cercavo di concentrarmi, di premere sui punti energetici, di fare fluire l'energia, di sbloccare i meridiani e dal piano di sotto si sentiva UNZ UNZ UNZ FORZA ANCORA 6 MINUTI UNZ UNZ ENERGIA ENERGIA FORZA COSI' UNZ UNZ UNZ DAIIIIII RAGAZZI ANCORA 4 MINUTI FORZA GENTE CHE CE LA FACCIAMO CAMOOOON UNZ UNZ UNZ SOLO 3 MINUTI DAI CHE E' QUASI FINITA UNZ UNZ UN MINUTO UNZ UNZ 30 SECONDI UNZ UNZ OKEEEEEEI RELAAAAAAX
Tremava tutto: il pavimento, le pareti, persino il fumo dell'incenso saliva a scatti, impressionato dalla potenza dei bassi. La musica si abbassava (era la fase di defatigamento degli spinnati) io ritrovavo la calma, il respiro e la concentrazione, OOM OOM e all'improvviso UNZ UNZ UNZ DAI CHE STAVOLTaAVI VOGLIO IN FORMAAAAAAA UNZ UNZ UNZ SOLO 4 MINUTI UNZ UNZ FORTISSIMI FORTISSIMI ENERGIA DAIIII 2 MINUTI UNZ UNZ UN MINUTO OKEEEIIII FORZA RAGAZZI FATEMI VEDERE CHI SIETE UNZ UNZ 20 SECONDI OKEEEEEI RELAAAAX.
Un'ora è durata 'sta storia, un'intera ora. Siamo sopravvissuti, certo, sia noi che i sadici al piano di sotto però raga MANNAGGIA LI PESCETTI, ma se pò campà così?

martedì 8 maggio 2007

Buon Anniversario!

E' inutile che mi vengano a dire, per sposarsi ci vuol coraggio. Coraggio e faccia tosta, tanta faccia tosta.
Ma non per affrontare i lunghi anni di vita assieme, macchè!, no, no proprio per sposarsi, per quel giorno lì, per uscire di casa conciati in quel modo, con i broccoli in testa e le scarpe bianche che speri sempre di non pestare qualche cosa di strano, con il vestito lungo che ci inciampi ad ogni passo e il trucco che lo senti colare un goccino di più ad ogni ondata di ansia.
A distanza di due anni comunque quello che resta di quel giorno è l'emozione di aver fatto una cosa GRANDE, una cosa BELLISSIMA, è il ricordo di Jeeg che mi porge il bouquet con gli occhi scintillanti e un sorriso luminoso, è mio papà che mi stringe forte e sorride in silenzio, sono tutte le mie amiche, vestite a festa e bellissime, è la poltrona enorme della sala del comune dove cerchi di non sprofondare, di stare diritta a composta, ma niente da fare ti inghiotte con tutto il vestito.
E poi i baci, gli abbracci, Jeeg che mi chiede ma ci siamo sposati? Ci siamo sposati VERAMENTE??? e l'anello, che lo guardi al dito e ti dici che è solo un anello, niente di più ma, come quello di Frodo, speri non diventi un fardello e resti solo un TESSORO, il tuo TESSORO.
E il pranzo, il magnifico pranzo, nel posto più bello della nostra città, sotto un sole maggiolino, quel pranzo di cui non ricordiamo NULLA, niente, dopo tutte le discussioni sul menù non abbiamo idea di cosa abbiano servito.
Infine, un unico rimpianto: il discorso che avrei voluto fare al taglio della torta e non ho mai fatto, pensare che me l'ero anche scritto, per vergogna, per imbarazzo, perchè quel giorno lì ci mancava solo che parlassi davanti a tutti.
E allora eccolo qua, due anni dopo, dedicato a tutti voi che eravate con noi, vi voglio bene, e a Jeeg, mio marito.
"Vorrei ringraziare tutti voi che siete qui in questo giorno speciale, grazie per essere venuti, anche da lontano, grazie per essere qui. Vorrei ringraziare in special modo tutti i miei genitori, che in questi anni, tra alti e bassi,vicinanze e lontananze mi hanno accompagnata fino a qui, a questo giorno e a quest'uomo. Vorrei ringraziare Raffaella, senza le tue delicatissime insistenze sarei qui probabilmente vestita in tuta; vorrei ringraziare Claudia, Fabrizia, Chiara e Roberta amiche carissime che camminano insieme a me ormai da una vita. Ma soprattutto vorrei ringraziare Jeeg, per l'uomo che è, per il padre che sarà, mi auguro di starti accanto tutta la vita e di non farti mancare nulla".
Ecco, ora piango di nuovo.

venerdì 4 maggio 2007

Barbie volante pericolo costante

Ieri si parlava con le amiche in palestra di sparizioni e apparizioni "magiche" di oggetti e mi è venuto in mente un episodio buffissimo di tantissimi anni fa che ha visto come protagonista la mia Barbie storica, la prima che ho avuto e alla quale ero affezionatissima.
Giocavo con la mia Barbie, quel pomeriggio dei primi anni '80,avrò avuto 10 anni, sul balcone dell'appartamento in legno che i miei nonni affitavano a Rasun, in Alto Adige. Era estate, i gerani sul balcone erano al massimo splendore e io tenevo stretta in mano la mia bambola e cantavo mentre la facevo volteggiare quando, per un volteggio un po' troppo ardito, la TESTA della Barbie prende il volo e con un elegante piroetta atterra esattamente nel campo di grano di fornte alla casa.
Una minuscola testa di capelli biondi nel mezzo di un campo di grano maturo.
Cavolo.
Guardavo il corpo decapitato della Barbie, sgraziato e goffo, chiedendomi cosa avrei fatto con quella specie di alieno e poi un pensiero...che avrebbe detto la nonna???
In quel momento la Dada, mia nonna, insospettita dall'improvviso silenzio è uscita in balcone a controllare che andasse tutto bene e vedendo il corpicino decapitato stretto nella mia manina tira un urlo terribile: AH! DOV'E' FINITA LA TESTA DELLA BARBIE????
Ehm, credo sia volata nel grano... CON QUEL CHE COSTANO LE BARBIE MI PERDI LA TESTA???
Non era facile scoraggiare la Dada, infatti con voce imperiosa la sento declamare: SANT'ANTONIO BENEDETTO FAMMI TROVARE QUELLO CHE HO PERSO!
Prende, scende le scale, esce in giardino, entra nel campo di grano, avanza di 10 passi, si china, raccoglie la testa, si gira e torna a casa.
Dopo di che, porgendomi la testolina impolverata, mi dice guardandomi fisso: e ora andiamo in chiesa e tu fai un offerta a Sant'Antonio, che sennò non ti fa mai più trovare niente.
Io da quel giorno mi sono sempre chiesta come fa il povero Sant'Antonio a ricordarsi tutto quello che la gente perde, dove lo perde e, soprattutto, chi sono quelli che gli fanno le offerte e chi no.

giovedì 3 maggio 2007

Il lento ritmo della Grande Madre


Due settimane fa è venuta a trovarci l'amica Proffe e ha portato con sè il pane fatto da lei e visto che avevo regalato a Jeeg un bellissimo manuale per preparare il pane fatto in casa ci siamo lanciati nella casalinga manifattura.
Per ora abbiamo fatto un tentativo a testa: io ho preparato due pagnottine, che sono venute bene anche se forse poco soffici (trucchetto: mettere un panno umido sull'impasto durante la lievitazione) e Jeeg ha preparato dei grissini, che però sono risultati troppo soffici e panosi (trucchetto2: i grissini devono livitare 20 minuti, non 2 ore).
Insomma, risultati abbastanza buoni ma ho scoperto che il lievito di birra mi fa male alla pancia e allora ho deciso di preparare la pasta madre. Già solo il nome evoca un'entità leggendaria, simbolica, metafora di vita e bontà.
La preparazione è LUNGA, veramente lunga, di una lunghezza anacronistica, del secolo scorso.
Per preparare la pasta madre ci vogliono 4 giorni, 4 lunghissimi giorni, in cui non si fa assolutamente NULLA, solo si aspetta.
Si impastano farina e acqua, si copre con il solito panno umido e si lascia al buio (quasi che la luce desse fastidio alla gestazione). Dopo 2 giorni si aggiungono ancora un po' di acqua e farina.
Dopo 4 giorni la pasta madre è pronta e si può utilizzare per fare il pane. Prima di infornare la pagnotta si stacca un pezzo di pasta che si riutilizzerà per altro pane e così via.
Praticamente si chiama "madre" perchè tutti i panini a seguire sarannno suoi figli...
Che meraviglia!!!
E' questa lentezza cui non siamo più abituati, ma non solo: è anche il fare niente e l'attesa che non ci appartengono più, come se attendere fosse inutile, privo di senso.
Siddharta, nella leggendaria versione di Herman Hesse, diceva che negli anni del suo vagabondare per l'India, ha imparato due sole cose: a digiunare e ad aspettare.
E così stiamo facendo Jeeg ed io: aspettiamo.
Oggi è il 4°giorno: stasera, a casa, darò ancora un po' d'acqua alla signora madre, la avvolgerò meglio nel suo panno e sabato, finalmente, la impasterò.

mercoledì 2 maggio 2007

Italiani über alles

L'altro ieri alla televisione ho visto una pubblicità che definirei inquietante: veniva sponsorizzata una nota marca di villaggi vacanze e il punto di forza dello spot era che in TUTTI i villaggi sparsi per il mondo il cliente avrebbe trovato ad accoglierlo personale ITALIANO, cibo ITALIANO, servizio di assistenza e guide ITALIANI.
Ma come????? Me ne vado all'estero, il più lontano possibile, in capo al mondo, dall'altro lato del pianeta proprio per NON incontrare altri connazionali e tu me li spalmi in tutta la vacanza?!? Ma stiamo scherzando?
E poi. Come se l'organizzazione italiana fosse la migliore al mondo!!! Ma se stiamo in piedi per miracolo! Mi chiedo ogni santo giorno di questa vita com'è che questo cavolo di Paese non sia ancora sprofondato negli inferi dell'inferno e tu, per convincermi a comprare il tuo prodotto, mi dici che nelle uniche 2 settimane di ferie dell'anno mi riproponi la stessa zuppa?
Capirei mi avessi detto: vieni nel nostro villaggio, troverai puntualità svizzera, organizzazione tedesca, gentilezza giapponese e cibo italiano. Allora sì, forse sarei venuta con voi.
Ma così... come diceva Julia Roberts in uno dei miei film preferiti (Notting Hill): "I'm tempted, but...no thank you".