Concepita, mi dicono, in Val d'Aosta, nata in Toscana, migrata prima in Sicilia e forse in Campania, poi a in Lombardia, stabilita in una città di mare per un sacco di tempo, 5 anni a in Piemonte, traslata nuovamente in Toscana, poi in Liguria, rincasata nella città di mare; in tutto questo, forse per paura che restando oltre un mese nello stesso posto potesse spuntarmi una qualche radice a tradimento, rastrellavo il pianeta per lavoro, da Manila a Toronto, da Buenos Ayres a Sydney, l’Europa naturalmente ma anche tutti gli Stati Uniti.
Dopo tutto questo girandolare, quando ormai al risveglio era più lungo il tempo impiegato a capire in che città /casa/ albergo fossi che a svegliarmi, finalmente mi è spuntata la prima fogliolina. E dopo la fogliolina una radicetta e quando la radicetta è diventata abbastanza forte, ho addirittura messo due rami e un tronco: mi sono trasferita spero definitivamente nel paesino campagnolo. Si fa per dire, perché quando la casa di Castelcinto sarà pronta ci trasferiremo ancora, ma il passo è fatto, la distanza è breve, conto di restare in zona per i prossimi 43 anni, sempre che io mediamente viva fino a 78 anni.
Per la prima volta mi ritrovo in un paese, 11.000 anime che, con un po’ di volontà, se uno si impegnasse, in una vita potrebe arrivare a conoscerle tutte.
La vita di paese è diversa da quella di città, la gente è diversa, i negozi, i bambini, il mangiare, tutto è diverso. Intendiamoci: tutti fanno esattamente le stesse cose che in città, nello stesso modo, lavorano, comprano, girano, vanno e vengono, fanno tutto uguale, solo con una piccolissima differenza, lo fanno più lento, estremamente più lento.
Il cassiere della Coop è più lento a passare la merce alla cassa, l’impiegato alla posta è più lento a darti la raccomandata, il furgone davanti a te è più lento a girare, tutto così.
Ma c’è un posto dove la gente non è solo lenta, è proprio FERMA, non va da nessuna parte, è immobile. Un sacco di gente, tutta accalcata, che non si muove.
Un miraggio.
Questo posto è la Piazza, un grande magnete, un cerchio magico, quando ci entri non puoi più camminare, devi per forza fermarti.
E questo chi è nato in città proprio non lo capisce, come fermarmi? perché dovrei fermarmi, ma se sto andando a comprare, ma se ho una fretta boia, ma se sono già in ritardo, non ci penso proprio a fermarmi.
E invece.
Funziona così: non fai in tempo a entrare in piazza che incontri qualcuno, un amico, un conoscente, un vicino e inizi a parlare, a raccontare, chiedi, ti informi, ti aggiorni sulle novità, sulla nonna che era in ospedale, su Lorenzino che ha messo il primo dente, su quell’assegno che la banca non voleva cambiarti, sul compleanno della zia, su quella borsa, bella ma dove l’hai presa?
Ovvio che ci si muove, piano piano, passettino dopo passettino, alla fine si arriva anche dall’altro lato, ma ci si arriva PIENI, pieni di parole, di voci, di visi, di racconti, di pensieri, pieni di calore, di vita, di amore.
Perché la Piazza è come la mamma, che quando ti vede ti deve per forza abbracciare, anche se hai 30 anni e passa e deve sapere tutto, che hai fatto, dove sei andato, a che punto sei. E non ti lascia ripartire senza prima averti dato un bacino, un pezzettino di torta di verdura, un consiglio, un rimprovero, un abbraccino.
Io in città, ora lo so, non mi sono mai sentita piena di niente, mai mai mai.