Si definisce sindrome del nido vuoto quel particolare stato psicologico che colpisce i genitori nel momento in cui i propri figli (in genere perché si sposano o vanno a vivere da soli) lasciano la loro abitazione. La sindrome del nido vuoto può essere il punto di partenza dei più diversi disordini nevrotici e psicosomatici che spesso si esprimono nei sintomi cosiddetti fisiologici del climaterio. Così avviene la soppressione dei sentimenti di angoscia e di paura, trasformandoli in sintomi che a livello emotivo sono più facilmente accettabili e gestibili. Tutto ciò avviene tramite dei meccanismi di traslazione.
Stamattina, complice la presenza di Nonno Flemma, sono andata a vedere l'unico nido in zona che ha posto e potrebbe prendere il Nanno fra una quindicina di giorni, giusto in tempo per un paio di settimane di inserimento e l'entrata definitiva ai primi di Marzo.
Non ho ancora idea di cosa sarà di me e del mio futuro lavorativo ma, in ogni caso, dovessi rientrare a tempo pieno, almeno saprei dove mandare il mio bimbo.
Che dire.
Il posto è molto bello, caldo, accogliente, i bambini (dai 3 mesi in su) giocavano tranquilli e sereni, seguiti quasi personalmente sia da maestre che ausiliarie.
Ho visitato la sala per le attività, quella del gioco, la cucina, la cameretta per riposare, i bagni.
Tutto bellissimo.
Io avevo la morte nel cuore.
Mi ripetevo che il Nanno si troverà sicuramente benissimo, finalmente avrà qualcuno con cui giocare, altri bimbi da osservare e imitare, altri cibi da assaggiare e tutto il resto.
Ci credo davvero, non me la sto raccontando.
Però lo stesso l'idea di lasciarlo andare, di saperlo lontano da me, "grande", "autonomo" mi faceva venire un groppo in gola.
E tutto questo per cosa, poi? Mah.
Il lavoro che avevo prima mi piaceva da morire, in una scala da 1 a 10 avrebbe meritato sicuramente 100, almeno secondo il mio personale gusto.
Ma adesso, con un bambino e tutti i discorsi di questi ultimi mesi sul mio rientro sinceramente non so cosa sia rimasto di tanto entusiasmo.
Cercherò di essere ottimista, cosa che mi è sempre riuscita benissimo (ah, ah) e di trovare aspetti postivi in tutto questo.
Ha dda passà a nuttata.
Stamattina, complice la presenza di Nonno Flemma, sono andata a vedere l'unico nido in zona che ha posto e potrebbe prendere il Nanno fra una quindicina di giorni, giusto in tempo per un paio di settimane di inserimento e l'entrata definitiva ai primi di Marzo.
Non ho ancora idea di cosa sarà di me e del mio futuro lavorativo ma, in ogni caso, dovessi rientrare a tempo pieno, almeno saprei dove mandare il mio bimbo.
Che dire.
Il posto è molto bello, caldo, accogliente, i bambini (dai 3 mesi in su) giocavano tranquilli e sereni, seguiti quasi personalmente sia da maestre che ausiliarie.
Ho visitato la sala per le attività, quella del gioco, la cucina, la cameretta per riposare, i bagni.
Tutto bellissimo.
Io avevo la morte nel cuore.
Mi ripetevo che il Nanno si troverà sicuramente benissimo, finalmente avrà qualcuno con cui giocare, altri bimbi da osservare e imitare, altri cibi da assaggiare e tutto il resto.
Ci credo davvero, non me la sto raccontando.
Però lo stesso l'idea di lasciarlo andare, di saperlo lontano da me, "grande", "autonomo" mi faceva venire un groppo in gola.
E tutto questo per cosa, poi? Mah.
Il lavoro che avevo prima mi piaceva da morire, in una scala da 1 a 10 avrebbe meritato sicuramente 100, almeno secondo il mio personale gusto.
Ma adesso, con un bambino e tutti i discorsi di questi ultimi mesi sul mio rientro sinceramente non so cosa sia rimasto di tanto entusiasmo.
Cercherò di essere ottimista, cosa che mi è sempre riuscita benissimo (ah, ah) e di trovare aspetti postivi in tutto questo.
Ha dda passà a nuttata.