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giovedì 28 gennaio 2010

Think Positive!

Si definisce sindrome del nido vuoto quel particolare stato psicologico che colpisce i genitori nel momento in cui i propri figli (in genere perché si sposano o vanno a vivere da soli) lasciano la loro abitazione. La sindrome del nido vuoto può essere il punto di partenza dei più diversi disordini nevrotici e psicosomatici che spesso si esprimono nei sintomi cosiddetti fisiologici del climaterio. Così avviene la soppressione dei sentimenti di angoscia e di paura, trasformandoli in sintomi che a livello emotivo sono più facilmente accettabili e gestibili. Tutto ciò avviene tramite dei meccanismi di traslazione.

Stamattina, complice la presenza di Nonno Flemma, sono andata a vedere l'unico nido in zona che ha posto e potrebbe prendere il Nanno fra una quindicina di giorni, giusto in tempo per un paio di settimane di inserimento e l'entrata definitiva ai primi di Marzo.
Non ho ancora idea di cosa sarà di me e del mio futuro lavorativo ma, in ogni caso, dovessi rientrare a tempo pieno, almeno saprei dove mandare il mio bimbo.
Che dire.
Il posto è molto bello, caldo, accogliente, i bambini (dai 3 mesi in su) giocavano tranquilli e sereni, seguiti quasi personalmente sia da maestre che ausiliarie.
Ho visitato la sala per le attività, quella del gioco, la cucina, la cameretta per riposare, i bagni.
Tutto bellissimo.
Io avevo la morte nel cuore.
Mi ripetevo che il Nanno si troverà sicuramente benissimo, finalmente avrà qualcuno con cui giocare, altri bimbi da osservare e imitare, altri cibi da assaggiare e tutto il resto.
Ci credo davvero, non me la sto raccontando.
Però lo stesso l'idea di lasciarlo andare, di saperlo lontano da me, "grande", "autonomo" mi faceva venire un groppo in gola.
E tutto questo per cosa, poi? Mah.
Il lavoro che avevo prima mi piaceva da morire, in una scala da 1 a 10 avrebbe meritato sicuramente 100, almeno secondo il mio personale gusto.
Ma adesso, con un bambino e tutti i discorsi di questi ultimi mesi sul mio rientro sinceramente non so cosa sia rimasto di tanto entusiasmo.
Cercherò di essere ottimista, cosa che mi è sempre riuscita benissimo (ah, ah) e di trovare aspetti postivi in tutto questo.
Ha dda passà a nuttata.

mercoledì 27 gennaio 2010

Arieccoce

Riassunto delle puntate precedenti: avevo un lavoro. Poi ho avuto un figlio. Ora non so se ho più il lavoro. Punto.

- Drrriiinnn... Ciao Campagnola, sono la Perfettini del personale, seeeentiii.... ci sarebbe un problemino con l'ultima proposta che ti abbiamo fatto.... non possiamo metterti in cassa integrazione e tenerci la tua sostituta.... pare che non sia legale....
- Ma va? Ma guarda un po'. E quindi?
- Ehhhh.... magari puoi venire qui a parlare con il Capo....vorremmo proporti qualcosa di diverso...

Vado al colloquio con il cuore in gola: cosa vuol dire "qualcosa di diverso"? Buon'uscita? Cambio di ufficio? Licenziamento?

- Eccomi qui: allora?
- Eh.
- Eh cosa? Devo rientrare o no? Tempo pieno? Part Time? Mi cambiate ufficio? Mi mettete in cassa?
- Eh.
- Eh cosaaaaaaaaaa?
- Eh. Noi vorremmo tenere la tua sostituta, perchè tu se rientri non sai più lavorare, non sei più concentrata, penseresti solo al bambino, non faresti straordinario...
- E quindi?
- Eh.
-...
-...
- Gurda che le dimisssioni non le do.
- Ah ecco.
- ....
- Vabbè, allora ti farò sapere.

Non basta interrogarsi ogni giorno sulle proprie qualità materne, sulla bontà del proprio operare con il Nanno , sulla fatica emotiva e fisica di fare girare completamente sole una casa, un marito, un figlio, una coppia. Bisogna anche sentirsi dire che, lavorativamente parlando, si è persa ogni capacità, fagocitata dal nuovo nato, e che non si vale più di una pigna secca.
E poi che figata questo dover aspettare di vedere se si rientra part time, full time, in cassa. Tanto inserire un bambino al nido è cosa da niente, no?
Meno male che oggi splende il sole, ho talmente il morale sotto i piedi che se ci fosse anche la nebbia potrei veramente deprimermi.
Sob.

lunedì 25 gennaio 2010

Ritorno a casa

Ancora due righe sull'avventura della settimana scorsa.
Al di là di ogni considerazione sui medici, sulle medicini inutili somministrate ("non ci sarebbe bisogno di antibiotico, visto che non c'è infezione, ma lo diamo lo stesso, giusto per cautela..."), sulla paura che potessero ripresentarsi febbre, starnuti, tosse, ecc... quello che mi è rimasto sono una grande tenerezza e una dolcezza infinite.
Per 5 giorni pieni siamo stati il Nanno ed io, a parte qualche visita, soli in una camera con pochissimo spazio e giochi a disposizione.
Io e lui, lui ed io. Niente incombenze, lavori domestici, spesa, cucina: io e lui.
E tutto il tempo per giocare, farci le coccole, inventare nuovi scherzi, farci il solletico, le carezzine, cantarci canzoncine e versetti.
Non era mai successo ed è stata una sorpresa bellissima.
La qualità del tempo passata insieme era altissima, nonostante tutto. Per la prima volta non avevo fretta, non dovevo andare altrove o occuparmi di altro.
Per la prima volta c'era lui, solo lui, i suoi bisogni, i suoi sorrisi, la sua stanchezza. Niente altro.
Cavolo, fare la mamma così sarebbe bello!
E ora che siamo tornati a casa mi resta il dubbio di come riuscire a trasporre quelle sensazioni, quello stato mentale, in questa vita, già così piena di altre cose.
Se qualcuno ha suggerimenti, scriva pure.

giovedì 21 gennaio 2010

Baci da Alcatraz

"Qui la gente va veloce ed il tempo corre piano
come un treno dentro a una galleria..."
F. De Gregori - Natale

Restare in un ospedale, così a lungo e con un bimbo così minuscolo, è una strana storia.
Il tempo non passa, i minuti scendono col contagocce e i pochi appuntamenti della giornata (la visita della dottoressa, l'aerosol) vengono attesi come il megaevento dell'anno.
Fuori c'è nebbia e la neve sugli alberi, tanto per aumentare il candore e lo spaesamento di queste giornate.
In tutto questo il
Nanno si è adattato alla grande alla sua nuova casa e, con il recupero delle sue storiche energie, è tornato a crescere e progredire.
Gattonicchia in sala giochi, si arrampica sulle sbarre del lettino, socializza con gli altri bambini (non infetti), sorride alle infermire, porta avanti la sua personale lotta contro l'aerosol, insomma, Nanneggia.
La sua salute è ormai perfetta, domani dovremmo essere rilasciati.
Speriamo bene, perchè non solo il rancio fa schifo, ma stamani si sono persino scordati di darmi la colazione :((((
Ora vedo se riesco a procacciarmi un caffè, magari scambiando dei cioccolatini con quella della stanza 3.

martedì 19 gennaio 2010

From Alcatraz with love

Ci hanno catturato, a me e al Nanno .
Fino a un momento prima eravamo lì, a piede libero, correvamo felici all'aria aperta, avevamo i nostri ritmi e i nostri giochi e il momento dopo... ZAC... presi! e ora siamo prigionieri a tempo pieno senza manco la mezz'ora d'aria.
Il Nanno ha avuto una crisi respiratoria domenica notte e lunedì mattina Magò, la nostra sempreverde pediatra, contattata d'urgenza, ha imposto il ricovero presso l'ospedale vicino per quello che lei ha chiamato "broncospasmo".
Per carità, ci siamo presi un colpo, meno male che l'hanno ricoverato e preso subito in cura, respirava così male che sembrava stesse correndo i 100 metri a ostacoli, povero amore.
Ora sta decisamente bene, respira di nuovo ed è tornato il vecchio Nanno di sempre.
Solo che "il vecchio Nanno di sempre" chiuso in una stanza d'ospedale, in un lettino con le sbarre, sforacchiato, auscultato, prelievato, sciroppato, ossigenato e quant'altro è insofferente, e me pure.
Mi dicono: signora, com'è agitato questo suo bambino! Sarà il catarro?
No, è sempre così.
Immaginatevi l'aerosol.
E l'ossigeno.
E il monitoraggio del cuoricino.
E poi pensate a me, che ho solo 2 braccia per tenerlo fermo mentre lui ha 2 braccia, 2 gambe e due polmoni da 2000 watt, oltre che essere campione di contorsionismo libero e lotta selvaggia.
Ho chiesto se potevano rilasciarci su cauzione.
Nossignora.
Bustarella?
Nein.
Minacce, ritorsioni, ricatti?
Rien à faire, il rilascio è previsto venerdì.
E così tento di passare il tempo, in questa stanza di 4 metri quadrati, temperatura 26°, letto scomodissimo e infermiere zelanti e premurose che riescono ad entrare sempre esattamente nel momento in cui si è addormentato.
In più il rancio fa schifo.
God save the Campagnol.

giovedì 14 gennaio 2010

E cade giù dal ciel....

- Hai visto la nuova serie sugli avvocati iniziata ieri?
- No, mi dispiace, non vedo la tele;
- Ah. E Piripicchio e Piripacchio che si sono insultati su Rai 3?
- No, mi dispiace, non vedo la tele;
- Già. E l'ultima puntata di Squiriquark?
- No, mi dispiace, non vedo la tele;
- ...
- ...
- Ma scusa se non vedi la tele che fai?
- Come che faccio, faccio altro!
- Altro? Cioè niente.
- Non "niente", altro!
- Mah, secondo me uno che non guarda la tele non fa niente.

Ecco.
Ho passato anni, ma anni, diciamo gli ultimi 20 a non guardare programmi in TV. Ero troppo impegnata a fare "niente". Eppoi mi annoiavo, qualunque cosa tentassi di guardare mi abbioccava nel giro di pochi minuti, che potevo farci, a parte qualche Guzzanti e un paio di puntate di qualche serie non ho visto altro.
In questo senso avevo scelto l'emarginazione sociale: ero fuori dai discorsi tra amici (non tutti, fortunatamente), tra colleghi, tra conoscenti e parenti. Ignoravo tormentoni, pubblicità, facce, argomenti.
Pazienza, ho vissuto bene lo stesso.
Poi siamo venuti a vivere qui, qui dove oltre ai cellulari non prende manco la tele, nemmeno un canale, nulla.
Se non altro per non tirarcela da Amish ci siamo messi la parabola, tanto per vedere qualche cosa in inglese, a volte.
Poi a Natale ci siamo regalati SKY.
Ora.
Voi non potete immaginare che effetto possano avere 900 canali su due menti semplici come la mia e quella di Jeeg (altro asociale televisivo).
900 canali.
Siamo diventati pazzi, passiamo i pomeriggi a scanalare da una serie ad un telefilm, da un film ad un documentario, da un cartone ad un TG.
Una sbornia di facce. accenti, storie, racconti, reportage... Che meraviglia!!!
Sto finalmente recuperando quel centinaio di serie che avevo serenamente perso, dai Jefferson ai Bradford, da Medium a La Tata.
Insomma, sto lentamente facendomi una cultura (si fa per dire).
Naturalmente, per cercare di salvare qualche brandello di faccia guardo tutto in lingua originale, qualunque essa sia.
Potete immaginare il mio scoramento quando ho scoperto che la neve degli ultimi giorni ha oscurato la parabola e, di conseguenza, i 900 canali.
Sigh.
Sono tornata al mio vecchio "niente".
Qualcuno mi può aggiornare su George Jefferson?!

mercoledì 13 gennaio 2010

Resistere resistere resistere

Al 144 giorno di brutto tempo, comincio a vacillare.
Prima era freddo. E la neve fu.
Poi era caldo. E la pioggia fu.
Poi era freddo e caldo insieme. E il fango fu.
Ora.
Non è che neve, pioggia e fango di per sè siano questa gran cosa, anzi, un po' di neve rallegra il Natale, un po' di pioggia fa bene alle piante, un po' di fango concima la terra (forse).
E' la continuata e pervicace presenza contemporanea dei tre elementi a mandarmi ai matti.
Spala la neve, schiaccia il fango, spazza via la pioggia dalla terrazza, ri-spala la neve, ri-lava la fango car, ri-spazza l'acqua, ecc... ecc.
Sono sicura che anche Mastro Lindo avrebbe dei problemi.
E poi.
Uscire con il Nanno è un'impresa titanica: alle solite smanie da vestizione si aggiungono lotte intestine per la sciarpa, il cappello (che ha imparato a togliersi) e le scarpe.
Morde la cerniera della giacca, con il risultato che ancora prima di scendere dalla macchina è zuppa di bava.
Si toglie le scarpe e le ciuccia. Si toglie il cappello e lo ciuccia.
E poi il freddo: onestamente, più di 45 minuti è impossibile tenerlo all'aperto, pena il congelamento delle manine (indovinate se riesco a mettergli i guanti?).
E la fango car? E' così piena di fangazza che a stento vedo dal finestrino. Aprire la maniglia senza sporcarsi è impossibile, così come salire o scendere. L'unica nota positiva è che nessuno parcheggia accanto a noi per paura di lordarsi: in parcheggi strapieni intorno a noi è il vuoto.
Insomma.
Gli elementi remano contro.
Il Nanno è un piccolo guerriero fiero e testardo.
Il freddo non accenna a passare e sta di nuovo nevicando.
Unica consolazione? L'intera serie dei libri di Mankell, le inchieste del commissario Wallander mi tengono inchiodata!

martedì 5 gennaio 2010

Pronto?

A volte mi viene da ridere, altre volte sorrido e abbozzo, altre ancora penso di avere davanti un alieno e cerco dietro la schiena o sulla nuca il microchip che mi permetterebbe di disinnescarlo.
Il più delle volte però mi arrabbio e mi prende un gran nervoso.
Parlo di quelli a cui dico chiaramente che qui alla cascina dei Campagnoli il cellulare non prende e non se ne fanno una ragione.
Allora ti mando un messaggio, dicono.
Guarda che il cellulare non prende.
Va bè, allora ti faccio uno squillo, così vedi che ti ho chiamato.
Ma se non prende...
Ah già. Babbè, allora ti telefono quando sto per uscire.
Sì, ma chiama sul fisso.
Ah no! non vorrei disturbare ti mando un messaggino.
...
Però rispondi, che l'ultima volta non mi hai considerato!
...
Certo che tu i messaggi non li leggi proprio!
...
Ti avevo mandato gli auguri!
...
Ti avevo chiesto se uscivate!
...
Ti avevo dato un appuntamento!
...
E così via, di questo passo, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana.
Il bello è che se la prendono con noi: ma come! siete andati a vivere in un posto così! Ma niente? Non prende niente? Wind? Vodafone? Tre? Tim? Proprio niente niente?! Ma avete chiamato la Telecom?
Avrete ben protestato! Avrete chiamato per chiedere che vi installinoun ripetitore, un'antenna, una connessione! Certo che se non protestate... non prenderanno mai i cellulari! Ma da nessuna parte?
Ma nemmeno in cima alla vigna? Dal terzo piano? nemmeno? Ma daaaaiii... ma come si fa?!
E se vengo a trovarvi, come faccio?! E se mi cercano mentre sono da voi? Se mi scrivono? Se non sanno dove sono?
Ho visto gente vagare per la vigna in piena neve, cellulare all'aria, naso in alto, scuotere la testa come se fossero su Marte.
Poveri.
A me sinceramente dispiace, ma non che non ci sia campo, ma che ci siano persone che non si sentono libere di non essere raggiungibili da nessuno, nemmeno per un paio d'ore.
Ragazzi, dai, ma la vera libertà è questa!

lunedì 4 gennaio 2010

It's just an illusion...

Avrei dovuto capirlo da sola, che leggo a fare tutti 'sti blog di mamme?
Una mamma con due bimbi me l'avrebbe saputo dire ad occhi chiusi. Una mamma con un bimbo pure, perfino una con un bimbo di qualche mese più grande del Nanno me l'avrebbe confermato.
Sto parlando della Prima Legge dei bambini: "quello che tuo figlio fa normalmente a casa, tutti i giorni, senza fatica, fuori casa non lo farà mai. E sottolineo mai".
Ma noi siamo alle prime armi, oltre che ingenui e, ammettiamolo, presuntuosi.
Infatti.
Il Nanno ogni sera va a dormire tra le 7.30 e le 8, si addormenta da solo, senza problemi. Non importa quanto abbia dormito nel pomeriggio, quanto si sia stancato, se ha mangiato o meno.
Lui alle 7.30 comincia a dare segni di nervosismo, si stropiccia gli occhi e vuole andare a nanna.
Tempo 10 minuti e ronfa come un succo.
E così, per la sera di Capodanno, i due polli dei suoi genitori hanno pensato bene che andare in città da amici potesse essere una brillante idea.
Poco importa che gli amici da visitare avessero testualmente detto la nostra bambina (di un anno e mezzo, ndr) fuori casa non dorme, resteremo da soli a casa. Ma voi venite da noi? Ma che coraggiosi!
Incuranti dei commenti disfattisti di amici e parenti abbiamo deciso comunque di tentare l'impresa, figuriamoci, pensavamo, il Nanno ovunque si trovi si addormenterà come un ghiro e noi festeggeremo l'arrivo dell'anno nuovo come abbiamo sempre fatto.
Poveri illusi.
Alle 19.30, come da copione, il Nanno ha cominciato a innervosirsi. Poi a sbadigliare. Poi a buttarsi a terra.
E' fatta, gongolavano i 2, ora lo schieniamo e che la festa cominci!
Come no.
Alle 21.30, dopo due ore piene di scene madri, pianti, urla e risa isteriche, i due, stremati nell'animo, e nel fisico montavano in macchina alla volta di casa.
Alle 22.30 il Nanno veniva riposto nel suo lettino.
Alle 22.31 i due poveracci si ritrovavano da soli davanti alla tele.
Buon anno, neh.

E Natale fu

Il primo Natale del Nanno , che meraviglia.
Nonni, regali, giochi, mangiate, luci dell'albero, candele, neve:
più che un Natale, un cliché.
Tutti i regali donati al Nanno sono stati assaggiati, leccati, ciucciati, mordicchiati: quanti sapori nuovi, quanti gusti!
Inutile dire che il "dentro" del regalo è stato soprattutto apprezzato da noi genitori: i Lego giganti hanno reso felice il maritozzo, la tastiera in panno ha accontentato la mammozza, lo Spingifante ... ehm... forse farà felice tutta la famiglia una volta esaurite le pile ;))
Quello delle pile è un problema serio: tutto quello che abbiamo in casa emette un qualche tipo di suono, pigolio, miagolio, canzoncina, marcetta. E' impossibile rimettere a posto i giochi senza che parta qualche suoneria e spesso capita che si calpesti un gioco e nel silenzio della notte risuoni inarrestabile e a tutto volume NELLA VECCHIA FATTORIA IA IA OHHHH.
Insomma, speriamo che il 2010 ci porti l'esaurimento delle pile, i 2 vecchi genitori lo sono già.