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venerdì 26 febbraio 2010

Rasking the fond of the baril.

Basta poco, che ce vò.
Questo ho pensato l'altra mattina quando, assieme all'amica Linda, sono entrata al Bar Sport di Ribalta Morbida, ridente paesello confinante al nostro, dove è situato il micronido "Pero Pelato".
Lasciati i pargoli per le consuete 2 ore di inserimento, ci siamo avventurate verso la downtown del paesino, sperando di trovare un po' di vita.
Vita ce n'era, corbezzoli se ce n'era, tutta concentrata al bar di cui sopra, età media 92 anni, tutti uomini.
"Speriamo di vedere la Luisona", mi dice la Linda, "almeno sapremo che tempo farà nelle prossime ore".
E poi siamo entrate.
Ora.
Voi dovete immaginare due mamme, stropicciate e insonnolite, con gli occhi spiritati dalle notti insonni e il passo pencolante di chi porta in braccio 10 kili di bambino tutto il giorno; due mamme ancora giovani ma, ammettiamolo, che hanno visto tempi migliori ( e vestiti migliori, e make up, e parrucchieri) negli anni passati e che, angosciate dal nido, dal rientro al lavoro, dalle malattie e dalla nebbia, non hanno certo l'aria civettuola e sgarzolina che potrebbero avere se solo tornassero indietro di qualche mese.
Ebbene.
Queste due mamme sono state guardate- scrutate- analizzate- scannerizzate come due procaci veline, appena scese da qualche cubo.
E son soddisfazioni, neh!

lunedì 22 febbraio 2010

L'occhio della nonna

... Ma oramai già lo sai dai pirati cosa ti puoi aspettare!
Ti potranno insultare, minacciare, in fondo è il loro mestiere!
Ti faranno i versi, le boccacce, ti faranno le facce scure!
E' per questo che si allenano davanti allo specchio
quasi tutte le sere!...
Nel covo dei Pirati - E. Bennato

Mia nonna, l'impareggiabile Dada, era una signora distinta e posata: non alzava mai la voce, non si agitava nè si muoveva scompostamente, usava un linguaggio "politically correct" e, raramente, perdeva la pazienza.
Quando ero piccola mi teneva a bada con due sole cose: lo sguardo e il dito indice.
Lo sguardo, nella nonna, era come l'occhio di Sauron per il povero Frodo: uno sguardo indagatore, accusatore e penetrante quanto una colata di lava.
Il dito era un dito normale, ma quando lo alzava nella mia direzione, dritto come un fuso, accompagnato da un tranquillo "non si tocca" sembrava scagliasse fulmini e saette.
Mi avvicinavo furtiva alle statuette di porcellana e si alzava l'indice.
Cercavo di trafugare un posacenere di cristallo e venivo incenerita da un'occhiata.
Afferravo con nonchalance una pizzetta dal vassoio e dito e sopracciglio mi inchiodavano alla sedia.
In ogni caso non mi muovevo, non toccavo, non ingoiavo, non spostavo, non rompevo: ero un pupo al suo comando.
Altri tempi.
Da quando il Topolo gattona e si infila regolarmente in bocca ogni minuzzolo che trova in terra mi esercito con il dito: Non si tocca eh! e alzo l'indice. Il Topolo ride e ingoia un ragno.
Acc!
Riproviamo.
Si avvicina allo scaffale dei Cd e io alzo di nuovo il dito: non si tocca! Mi afferra il dito e lo morde.
Santa pazienza.
Ok, tentiamo con lo sguardo.
Afferra il cavo del decoder: Non si tocca, eh! Occhiataccia. Il Topolo gorgheggia e inizia a sgranocchiare il cavo.
Raccoglie un grumo di fango: non si mangia! Sguardo di fuoco. Apre la bocca e se lo ficca in gola con le dita grassocce. Sob.
Mi devo esercitare, di più.
Occhiata, indice, occhiata, indice... macchè: grasse risate del Topolo e sconfitta totale da parte mia.
All'ennesimo gnocco di polvere ingoiato dal Topolo rinuncio.
Non ho il physique du rôle.
I casi sono due: o io ero completamente fessa, o non ci sono più le dita di una volta.

Rientro

Siamo tornati.
Stanchi, sfiniti, bisognosi di sonno e riposo (io e il Nanno ) e di un pasto decente (Jeeg, ridotto a succhiare surgelati).
E' incredibile come, anche in ospedale, la voglia di crescere e di esplorare del Nanno non si siano fermati.
Rispetto a 3 settimane fa stavolta gattonava decisamente meglio, agile come un furetto, veloce come una lippa, spazzolava - letteralmente - il corridoio e le stanze del reparto, incappando nelle ire delle dottoresse che trovavano alquanto disdicevole un poppante gattonanate che, al termine della passeggiatina, orrore orrore, si infilava soddisfatto due dita in bocca e le ciucciava con voluttà.
Ora.
Provate voi, da sole, a contenere un bimbo di 10 mesi annoiato a morte in un lettino con le sbarre o in un seggiolone per tutta una giornata senza stramazzare a terra stremate dal mal di schiena e dalla noia.
Io lo lasciavo libero.
E pazienza se era da lavare ogni 10 minuti.
E pazienza se raccoglieva qualche briciola.
E pazienza se la sera dovevo fare il bucato dei suoi vestiti e stenderlo sul termosifone.
Lui era contento e io avevo quei 40 secondi tutti per me.
La vita di ospedale è una vita da vecchi.
Si aspetta che accada qualche cosa, qualunque cosa, per tutto il giorno e non c'è altro da fare.
Ci si lamenta con il vicino di letto, si ascoltano interminabili racconti di malattie, si inorridisce di fronte al rapporto di certe mamme con i propri bambini.
Si ascoltano le lamentele delle infermiere, ogni giorno, sempre uguali, si assiste sgomenti allo sfacelo della sanità italiana (nel "mio" reparto pediatrico mancavano regolarmente le pappe per i bambini, non c'erano omogeneizzati nè succhi di frutta nè biscotti a sufficienza).
Insomma.
Si vive aspettando che altri facciano qualcosa, impotenti a fare noi stessi una qualunque attività.
Triste.
Triste e stancante.
Ora è finito e prego prego con tutto il cuore che arrivi la primavera portando con sè quel caldo sufficiente a scongiurare altri raffreddori e crisi d'asma al piccolo topolino.
Amen.

sabato 20 febbraio 2010

Pensierino

Piove.
Se non altro la Fango car è pulita.

mercoledì 17 febbraio 2010

Suonala ancora, Sam

La prima messa celebrata da padre O' Connor nella piccola chiesa di Waverick, venne accolta da grande entusiasmo dalla folla di fedeli radunati nella piccola navata.
Fu un sermone sentito, commovente, pieno di accorata comprensione per i problemi della piccola comunità.
La domenica successiva, se possibile, c'era ancora più gente.
Padre O' Connor ripetè lo stesso sermone.
E anche la domenica successiva.
E quella dopo ancora.
Così fu per tutte le domeniche che il Signore mandò in terra nei mesi successivi.
Alla messa prendevano parte ormai solo 2 vecchiette, completamente sorde.
Dopo 6 mesi padre O'Connor fu trasferito nella diocesi di Princetown, 500 miglia più a nord.
L'unico parrocchiano che andò a salutarlo fu Mr Breeton, l'ex sindaco della cittadina:
- Padre, sono spiacente per il suo trasferimento, d'altra parte... anche lei... lo stesso sermone per sei mesi!
- Perchè avrei dovuto cambiarlo, rispose padre O'Connor, non mi risulta che nessuno di voi abbia modificato di una virgola il proprio comportamento o il modo di pensare!

ecco.
Questo per dire che quando la vita ti mette davanti sempre lo stesso problema vuol dire che non si è ancora imparato abbastanza, che è sfuggito qualche particolare, che l'ultima volta se ne è usciti un po' con "ignoranza e culo" per citare una celebre accoppiata che è tanto in voga di questi tempi.
Io e il Nanno siamo ricoverati per lo stesso motivo, nello stesso ospedale, perfino nella stessa stanza di 2 settimane fa.
Perchè?
Cosa ci è sfuggito? Cosa dobbiamo ancora imparare? Perchè i medici non si sanno spiegare il nostro ritorno?
Cos'ha il Nanno ? Perchè gli viene il raffreddore poi sembra che gli passi e, invece, improvvisamente, smette di respirare?
Lo scopriremo solo vivendo.
Ma soprattutto facendo altri mille esami, sia per il respiro che per le allergie.
Il povero Nanno , infatti, oltre che essere un fiero guerriero discnedente da Gengis Khan ha mille e una intolleranza, dio solo sa a cosa. Noi per ora abbiamo scoperto solo il lattosio, ma ogni tanto gli compare un eritema, ogni tanto gli gonfia un labbro, ogni tanto si copre di bolle.
E così all'inserimento al nido, alla paranoia per il rientro al lavoro, si aggiunge quest'angoscia sottile, al momento inspiegabile.
E continua a nevicare.
That the sky helps us.

giovedì 11 febbraio 2010

No grazie, me lo porto menato da casa

"Spesso cuore e cervello non vanno d'accordo,
i miei non si salutano neanche"
W.Allen

Una mattina come tante, in quel di Castelcinto.
Nevica.
Il Nanno ha un raffreddore che sembra il Nilo in piena.
La notte è stata un bailamme di starnuti, risvegli, tette volanti, mariti russi, pensieri cupi e via dicendo.
Questo per dire che me ne sarei stata a flanellare tutto il giorno con un buon libro e una tazza di tè (facevo davvero queste cose? Che debosciata).
E invece.
Telefono al nido dicendo che terrei il Nanno a casa, visto il fiume in piena che gli cola dal naso.
Mi ridono in faccia, ma signora cosa dice, se lo tiene a casa per un po' di raffreddore!
Mi tocca uscire.
Vesto il Nanno , che al solito numero della biscia impazzita aggiunge quello del Telefono Azzurro, perchè lo costringo a pulirsi il naso.
Mi vesto io.
Accendo la fango car e la spalo dalla neve e dal fango, col risultato che il fango si spalma in maniera uniforme, misto alla neve.
Prendo il Nanno , la sua giacca, i biscotti, il cambio per il nido, il suo biberon nuovo, 14 pacchi di fazzoletti di carta, la borsa, le chiavi, il cappello e la sciarpa.
Partiamo alla volta del nido sotto una neve torrenziale che manco a Reykjavik.
Arrivo e scopro con orrore che mi sono dimenticata la mia giacca.
Non importa, siamo solo a -3.
Scendo dalla macchina entro al nido e vedo che i miei jeans sono incastonati nel fango.
Pazienza.
Provo a togliermi le scarpe, per non imbrattare tutto, ma le stringhe si annodano tra loro e non c'è modo di scioglierle.
Sono in piedi, con il Nanno in braccio, sto scolando fango e neve nell'ingresso, in equilibrio su una gamba mentre tento di slacciarmi la scarpa destra, il Nanno starnutisce e mi inonda di moccio, che pulisce strofinando la faccia sulla mia maglia.
E sono solo le 9: 40.
God save the Campagnol, part 2.

mercoledì 10 febbraio 2010

Nebbia in my mind

Non è un momento facile.
L'attesa per il rientro al lavoro unita alla certezza che sarà un rientro funestato da ostracismo e probabile mobbing da parte del mio capo non mi rende affatto serena.
Se in più aggiungiamo il fatto che il Nanno inizierà ad andare al micronido e dovrà restarci un sacco di ore sin dall'inizio (cosa che non avevo preventivato) le giornate mi sembrano davvero pesanti.
Purtroppo, al momento, non abbiamo alternative e, come sempre, le situazioni senza via d'uscita mi spaventano e mi fanno sentire impotente.
Ho assorbito sufficientemente la cultura americana per ripetermi che sicuramente andrà tutto bene, che dopo qualche settimana il lavoro tornerà ad essere "normale" e che al mio capo passerà l'incaxxatura per "averlo fregato"restando incinta (ma si può?!), che il Nanno al nido fiorirà come un giglio per il tempo passato assieme ad altri bimbi e persone meno stanche di me, che prenderò il ritmo e tutto evolverà nel migliore dei modi.
Ma sono pur sempre italiana e all'"andrà tutto bene" associo la prima legge di Murphy: se qualcosa può andar male lo farà (malattie da asilo, pianti, angosce mie e del maritozzo, non mangerà le robe del nido, non dormirà nei lettini del nido, ecc...).
Insomma, avevo quasi pensato di chiudere questo blog, giusto per non ammorbare i miei 5 lettori con tossine inutili e dannose.
Provo a resistere e tenere aperto, magari chissà, il buon umore si stuferà di restare acquattato nel fondo della mia mente e prima o poi tornerà a fare capolino.
Sorry about that.

lunedì 8 febbraio 2010

Il fascino del serpente

Si definisce "fascino del serpente" quel misto di orrore e raccapriccio che rende impossibile distogliere lo sguardo dalla cosa / evento che si ha davanti agli occhi.

Ecco.
Per me un irresistibile fascino del serpente ce l'ha la trasmissione "S.O.S. Tata", una roba micidiale.
Accendo la tele e ci capito sopra e, incapace di cambiare canale, assisto sgomenta allo sfacelo di certe famiglie: calci, pugni, insulti, strattonamenti, lotte per il cibo e la nanna, un disastro.
E mi chiedo: come hanno fatto, come è stato possibile arrivare a tanto?
Dov'è che l'amore, il buon senso, la gioia di avere un bimbo si è trasformato in questo pasticcio?
Voglio dire, quasi tutte le famiglie desiderano i figli che arrivano, sicuramente li amano e partono con le migliori intenzioni.
Non ce la vedo una mamma incinta che dice tra sè e sè accarezzandosi il pancione bene bene, fra poco avrò un bel bambino da sgridare e strattonare, da prendere a urla e sculaccioni, non vedo l'ora!
Eppure succede.
Allora mi chiedo se è così che vanno le cose realmente, almeno per alcuni.
Guardo il Nanno che ciuccia il telecomando e mi sorride sgambettando e penso: anche tu sarai così? Anche io diventerò come loro?
Succederà qualche cosa ad un certo punto che porterà ad una qualche cesura e finiremo per perdere di vista tutto l'amore che proviamo adesso?
E poi guardo certi genitori, soprattutto quelli americani, che dicono sfacciatamente ma chi è questa qui, perchè viene qui a dettar legge in casa mia, incapaci di riconoscere che esistono altri modelli, altri modi di vivere assieme ai propri figli.
Mah.
Meno male che la neve ogni tanto oscura la parabola e mi resta solo la radio.
Se qualcuno ha risposte scriva pure, aspetto antidoti al mio serpente catodico.

martedì 2 febbraio 2010

Mesiversario

Lo so che non si dovrebbe, ma che volete farci, non posso farne a meno, è come quando sono in Olanda e sbircio dentro le case altrui. E' vigliacco, vergognoso, indecente, ma lo faccio lo stesso, spesso soffermandomi a lungo a guardare dentro per osservare mobili, tende, oggetti.
Allo stesso modo guardo gli altri bambini, li scruto, li analizzo, li osservo e faccio paragoni (orrore).
Guardo, guardo, guardo e cosa scopro?
Che il Nanno fa la metà delle cose degli altri.
Credo che il termine tecnico sia "patatone".
Lui è sornione, sta lì seduto, ciuccia i giochi, sorride e canta. Ogni tanto si alluuuuunga per prendere qualche oggetto che lo interessa, se è troppo lontano fa lo sforzo di fare una gattonatina per raggiungerlo e poi si risiede sulle sue gambotte cicciotte.
Batte le manine e tenta di "scalarmi" quando sono seduta accanto a lui.
Si fa delle grasse risate con il gioco del cucù, accenna un movimento di bacino se metto la musica e bon.
Vedo bambini della sua età che fanno cose mirabolanti, per dire.
A lui non gliene pò fregà de meno.
Lui ciuccia, ciuccia e ciuccia.
Al colloquio per l'inserimento al "Pero Pelato" mi chiedevano come gioca, che giocattoli preferisce, se canta, balla, si alza in piedi, se gioca con gli altri bambini, se esplora il suo corpo, se mette le cose una dentro l'altra, se ama la musica e la TV.
No.
No. No.NO.
Lui vive una vita serena e paciosa, fatta di sbavettate, mordicchiate e micro-gattonamenti, una vita semplice, bucolica, di grandi sorrisi e urletti di giubilo.
Io lo amo, lo amo umidiccio e dentone, lo amo sporco di biscotto e pappa, lo amo quando agita le braccia per farsi prendere in braccio e quando chiama mam-mmaam-mmaa per avermi accanto a sè.
Buon 10° mese Nanno , che la vita ti riservi momenti gommosi e morbidosi da ciucciare in tutta pace.

lunedì 1 febbraio 2010

I gatti preferiscono... i Campagnoli!

Per tutta la mia infanzia, e anche un pochino oltre, avrei tanto desiderato un cane o un gatto: in quanto figlia unica (in effetti ho 3 sorelle, ma questa è un'altra storia) mi avrebbe fatto parecchia compagnia.
Non abbiamo spazio, non vedi?
Non abbiamo un giardino, povera creatura, vorrai mica farlo morire in un appartamento?
E poi chi se ne occupa? Tu??? Ma fammi il piacere!
Eh già, e poi quando andiamo in vacanza?
Insomma, niente animali, nè ora nè mai.
Jeeg, poveraccio, era nella stessa situazione: figlio unico (in effetti ha 3 fratelli, ma questa è un'altra storia) e solitudine efferata.
Anche lui appartamento in città senza giardino e le stesse risposte di cui sopra.
Ora prendete questi 2 individui e, all'improvviso, dategli due gatti randagi che ogni pomeriggio arrivano dal bosco e si accoccolano imploranti sull'uscio in attesa di un po' di cibo.
Come credete che reagiscano i due?
Inteneriti e commossi dal miagolare insistente, i Campagnoli, ogni sera, aprono il frigo alla ricerca di qualcosa che possa andare bene per le due creature.
Tuttavia, in quanto ex cittadini frustrati, ignoranti come capre sulla vita degli animali in generale e dei felini in particolare, non sempre azzeccano il cibo giusto.
E così, le due povere bestiole, ogni sera hanno un menu diverso, a tratti alquanto folcloristico:
- acciughe sotto sale;
- bottarga in polvere;
- burro (?!)
- omogeneizzati;
- purè;
- carne di vario genere e natura;
- ossette;
- avanzi di pesce;
- tonno in scatola.
Siamo arrivati a comprare al supermercato i fondi degli insaccati, salvo poi scoprire che sono ancora buoni e mangiarceli anche noi.
I due gatti ingrassano a vista d'occhio, fanno le fusa e si rotolano sulla pancia, leccano un po' di neve sciolta e se ne vanno pasciuti.
Ci eravamo illusi di esserci integrati perfettamente nella vita di campagna, un po' di tonno, due bistecchine et voilà! i migliori amici degli animali!
Infatti.
Jeeg è tanto amico dei suoi due gatti che si è perfino preso la Tigna.