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martedì 28 giugno 2011

La magia dell'allattamento

E' un po' che rifletto sul tema del mese proposto da Genitori Crescono (un bel po' in effetti) ma non riuscivo a dare un senso ai miei pensieri. C'è qualcosa di importante da raccontare, mi dicevo, ma cosa?!
E poi stamattina... mi è venuto in mente: lo sapete che sono una "lattomante"?!?
Ora vi spiego di cosa si tratta.
Riesco ad indovinare con una precisione del 99% se una futura mamma allatterà al seno il suo bimbo oppure se sceglierà il latte artificiale.
Davvero, sono ormai 2 anni che pratico questa forma di latteveggenza, ho una percentuale di insuccessi veramente irrisoria. Da non credere, eh.
Volete provare anche voi? Il trucco è semplice: basta domandare in quale ospedale andrà a partorire la mamma.
Il paese dove vivo è equidistante da 2 ospedali, si può scegliere liberamente dove il bimbo nascerà. Tutte le mamme che scelgono l'ospedale A escono dai 3 giorni di degenza con l'aggiunta e la raccomandazione di dare il latte artificiale per compensare la carenza di latte materno.
Tutte le donne che scelgono l'ospedale B, invece, allattano al seno e hanno la certezza che il loro latte è sufficiente a nutrire il bambino.
Incredibile, eh? Eppure.
La prassi è sempre la stessa:
- si va all'ospedale A, si partorisce, si aspetta la montata lattea (che, come sapete, impiega un po' a manifestarsi) e quando finalmente arriva non è mai sufficiente. Il bambino ha fame! Ma non lo vede che non cresce! Piange perchè è affamato! E' evidente che lei non ha latte abbastanza per questo mangione... proviamo con l'aggiunta... ecco, ora sì che è sazio! 
-  si va all'ospedale B, si partorisce, si aspetta la montata lattea e, quando finalmente arriva, le ostetriche con una pazienza infinita insegnano come attaccare il bimbo, spiegano come allattare da sdraiate, da sedute, da in piedi, di notte, di giorno, con cuscino e senza, insomma gran sbattone per tutti ma alla fine, miracolo, di latte ce n'è in abbondanza.
E' matematico, provare per credere.
All'inizio pensavo che fosse una coincidenza, che la metà delle ragazze che non conoscevo non avesse latte abbastanza. Poi ho mangiato la foglia: visto che, secondo dati ufficiali, solo una percentuale bassissima di donne non ha fisiologicamente latte a sufficienza per nutrire la prole, come era possibile che io ne conoscessi un gran numero? E che tutte, casualmente, avessero partorito nell'ospedale A? E che a tutte, ma proprio tutte, avessero detto le stesse identiche cose?!
Uhm.
E così, per scherzo, ho provato a predire prima del parto il tipo di allattamento e non sbaglio un colpo!
Che tristezza. 
Che tristezza e che peccato.
Conosco ragazze devastate dai sensi di colpa perchè "non avevo latte", "ho fatto patire la fame al mio bambino", "non cresceva, non cresceva, capisci?! Alla fine la dottoressa me l'ha detto, lei non ha latte signora, è inutile insistere" e giù pianti.
Ma per quante di loro c'erano davvero problemi? Non è dato sapere.
Io, per mia fortuna, avevo scelto l'ospedale B, quello delle "talebane dell'allattamento", come lo chiamano qui. E ho avuto un sostegno ENORME da parte di tutto il personale perchè ero particolarmente di coccio e non riuscivo ad attaccare bene il Topolo. Non so quante volte ho suonato quel cacchio di campanello per avere aiuto e non mi è mai stato rifiutato. Addirittura mi sono ripresentata in ospedale altre due volte (quando il Topolo aveva rispettivamente 15 e 40 giorni) per una brutta mastite e le ragadi. Ancora una volta, hanno guardato come lo allattavo, hanno corretto la posizione e tutto si è risolto.
Purtroppo le ragazze del mio corso pre-parto che sono finite all'ospedale A hanno iniziato con l'aggiunta e sono finite con l'artificiale.
C'è poi una persona, l'amica L., che ha iniziato con l'aggiunta e la certezza di avere poco latte e poi, informandosi, contattando la Leche League, parlando con le ostetriche del consultorio è riuscita a passare all'allattamento al seno senza bisogno di altro quando il suo bambino aveva già un mese. Allatta ancora adesso. Ma che fatica.
Insomma, che dire. 
Come sempre in Italia è una questione di fortuna, o di karma, per dirla all'orientale.

Questo post partecipa al blogstorming.




lunedì 27 giugno 2011

Ultim'ora

Non succede nulla per settimane e poi, all'improvviso, tutto insieme.
Ecco di seguito le notizie più sconvolgenti, tenetevi forte, c'è da cadere dalla sedia:
- il Topolo è senza pannolone da una settimana intera, compreso l'asilo;
- il Ciccionetto ha imparato a trovarsi il pollice, infilarlo correttamente in bocca e ad addormentarsi da solo in meno di 3 minuti.

Come vi sentite?! Sopraffatti?
State già componendo il numero del Grande Capo Esticazzi?!
E che v'aspettavate, il nobel per la fisica?!

venerdì 24 giugno 2011

Uomini e pitoni

L'altro ieri, per la prima volta da quando vivo al paese, ho avuto bisogno del calzolaio, per mettere la gomma sotto un paio di scarpe nuove che sembravano trattate con la sciolina.
Il ciabattino, l'unico del paese, si è parecchio evoluto dallo stereotipo che albergava nella mia mente e che prevedeva un vecchino canuto e mansueto, chino sulla sua macchina con le rotelle e il martello in mano per inchiodare le suole.
L'esemplare che abbiamo qui è un vigoroso giovanotto, cresciuto a proteine e cocacola, col gel nei capelli e i muscoli in bella vista.
Orbene.
Entro e c'è una coppia di anziani davanti a me, mi accingo ad aspettare un paio di minuti, quanto mai ci può volere per consegnare un paio di scarpe.
Vigormen prende un paio di sandali dalla vetrina e li mostra alla tipa:
- "Vede, glieli ho fatti fare così, come voleva lei, se le piacciono glieli cucio";
- " Ahhhhh... ma che belli, proprio come li volevo" fa lei, " con il disegno ben in vista!"
- " Invece, quegli altri non vanno bene... ho provato a cambiare la pelle ma non funziona, aspetti che li prendo".
Va di là e torna con delle strisce di pelle di coccodrillo e le appoggia sul bancone:
- " Capisce, non si può fare. La coda è inutilizzabile, noi di solito usiamo la pancia oppure la schiena";
- "Ah, vedo" - fa la signora, "E di pance non ne avete?"
- "Oh certo che sì!" - risponde il proteinato "eccole qui" e prende trionfale un mucchio di pelli di alligatore che erano impilate su una mensola.
Io rabbrividisco.
Ma dove sono capitata?! Mi guardo intorno e solo allora noto con raccapriccio che tutto il negozio è un grande espositore di roba pitonata: portafogli, borse, cinture, scarpe, giacche, pochette, portamonete, sandali, infradito... un grande e grosso rettilario che, incidentalmente, risuola anche le scarpe.
Guardo il palestrato. Lo fisso negli occhi, cercando di scoprire lo sguardo sadico e perverso del cacciatore ma non vedo nulla, il vuoto pneumatico.
Sono indecisa se andarmene, ma proprio in quel momento la coppia esce e io resto lì impalata con le mie scarpucce in mano:
"Ehm, ecco, io vorrei risuolare queste" - dico timorosa, temendo di finire squartata e cucita su una borsa da viaggio;
"Ok" - dice lui, "torni venerdì, arrivederci".
Me ne esco quasi di corsa, gettando un'occhiata alla vetrina ricolma di oggetti alligatoriformi di ogni tipo.
Non potrei scommetterci, ma mi è sembrato di vedere una lingua biforcuta fare capolino da una cintura.

sabato 18 giugno 2011

Basta che funzioni

Qualunque amore riusciate a dare e ad avere, 
qualunque felicità riusciate a rubacchiare o a procurare, 
qualunque temporanea elargizione di grazia, basta che funzioni... 

Basta che funzioni (Whatever works) di W. Allen

Il termine tecnico è "brancoling in the dark", ossia procediamo a tentoni, bendati, sbatacchiando a destra e manca  e facendo un passo avanti e due indietro. Però, ultimamente, ogni tanto ne azzecchiamo una.
Parlo del Topolo, naturalmente, di un Topolo che cresce e, ohimè, consolida sempre più un caratteraccio energico e vivace che, ci sono giorni, mi chiedo veramente che cosa ho fatto di male nelle vite passate per meritarmelo.
Ordunque.
Lasciamo perdere il perchè è così, non è rilevante (anche perchè abbiamo sviluppato talmente tanti di quei perchè che a volte mi sento davvero come la madre di tutti i guai).
Cerchiamo invece di capire cosa possiamo fare e come.
Scartate le maniere forti per incompatibilità caratteriale mia e del maritozzo e, soprattutto, perchè sembrano aumentare l'accanimento energetico della creatura.
Scartate le maniere buone, perchè ci vorrebbero anni di pazienza per smuoverlo anche solo di un millimetro dalla sua cocciutaggine.
Stiamo infine pervenendo ad una sorta di amorevole indifferenza che però sembra produrre buoni risultati.
Qualche esempio:
- Nano, è l'ora del bagnetto, vieni?
Segue una sfilza di NOOOO No NONNNNNOOOOO, nonono, fughe, pianti strepiti e irrigidimenti davvero mariomerolani.
Ok.
La nuova risposta è: ok, come vuoi tu, io sono sotto la doccia e il tuo bagno è pronto, se vuoi venire vieni, altrimenti lo farai domani. E gli scocco un bel bacione.
Punto.
Niente moine, salamelecchi, salti mortali, minacce, urla, finti trucchi alla "mammina cara", niente.
E piano piano, un centimetro alla volta, si avvicina al bagno, poi all'acqua, poi alla vasca e poi splash! un bel tuffo, come se niente fosse.
Altro esempio:
- Dobbiamo uscire, vieni a vestirti?
Idem come sopra: NOOOO No NONNNNNOOOOO, nononono, fughe, pianti strepiti e irrigidimenti, ecc...
Nuova risposta: ok, come vuoi tu, noi siamo pronti e fra poco prendiamo la macchina e usciamo. Qui ci sono i vestiti, se vuoi venire con noi, portameli. E lo abbraccio forte.
E di nuovo, un centimetro alla volta, si avvicina e mi porge le scarpe. A quel punto lo vesto, come se niente fosse.
E ancora:
- Se vuoi mangiare è tutto pronto, noi siamo in cucina (bacio)
- Se vuoi bere c'è l'acqua, ma il succo no, ne hai già bevuto abbastanza (abbraccio)
- In braccio non ti porto, pesi un sacco e non ce la faccio, ma se sei stanco ci possiamo sedere e aspettare insieme che ti riposi (bacio).
Lasciamo perdere come mi sento dentro (lo volete sapere? lo strozzerei urlando come una pazza invasata). L'importante è che lui sia tranquillo e pensi che sta decidendo lui cosa fare. Pensi di scegliere.
A ben vedere, alla fine, ci sentiamo meglio anche noi, visto che dribbliamo il conflitto con elegante savoir faire.
A 2 anni e due mesi mio figlio sembra voler avere il controllo totale della sua vita. Mi sembra un po' prestino, ma se funziona contenti tutti.
Fino alla prossima, naturalmente, quando ricominceremo pazientemente daccapo.

lunedì 13 giugno 2011

Al voto! Al voto!


A volte mi devo ancora abituare alla vita di paese.
Come ieri, quando con tutta la famiglia siamo andati a votare alla scuola elementare che sarà dei nostri bimbi e tutta la mattina è trascorsa assieme alla comunità.
La scuola del paese è quasi nuova e ha un bellissimo giardinetto con un sacco di giochi per bimbi. Abbiamo votato a turno, mentre il Topolo socializzava allegramente (NO! NO! E'MMIO! E'MMIO) con altri nani e il ciccionetto guardava gli alberi sdraiato in passeggino.
E poi dopo il voto abbiamo fatto salotto con gli altri genitori, a raccontarci degli asili, dei bambini, di spannolinamento e altri argomenti golosissimi per tutti coloro che abitano con creature sotto il metro.
Verso mezzogiorno tutti a casa per la pappa.
Anche il seggio è paesano: ci si conosce tutti, non c'è neanche bisogno della carta d'identità, basta riconoscersi, tanto tutti sanno chi sei, dove vivi, quanti figli hai, che fai di mestiere, dove mandi i bambini al nido, che macchina hai, dove abitavi prima, ecc... La carta d'identità non dice un bel niente di te, sono le voci di paese che confermano chi sei.
Insomma.
Ieri era il voto, domani la sagra del bue grasso e, come negli anni '50, la vita scorrerà tranquilla tra le vigne immutate dal tempo.

giovedì 9 giugno 2011

Dammi tre parole

Credevo che non esistesse una parola peggiore di NO, ripetuta mille mila volte da un nano arrabbiato, smorfioso, sfidante, piangente, urlante e frignoloso.
Davvero, pensavo che NO fosse il peggio.
Poi, è arrivato MIO.
Anzi E'MMMIOOO come dice lui. E' mio tutto: l'orsetto, il piatto, il bicchiere, papà, la macchina, il dentifricio... Tutto tutto tutto. Il concetto di "nostro" o anche "in prestito" o anche "condivisibile" o anche " un po' tuo, un po' suo" deve essere lontano anni luce. Neuroni a venire.
E fin qui. Ci si arrabbia con i NO, ci si scervella con gli E'MMMIO, ci si arrangia con entrambi e tutto sommato si arriva a sera.
Ma poi è arrivata la terza parola, la peggiore di tutte: LULA (che non è l'ex presidente del Brasile, ma è PAURA).
E qui si scopre che il piccolo Gengis Khan, il piccolo guerriero, il feroce urlatore di NO e MIO ha paura di un sacco di (insospettabilissime) cose: temporali con tuoni, il parcheggio sotteraneo dell'iper, il ghiaccio di Pingu a forma di mostro, il buio del sottoscala in Totoro, il mixer per la verdura, la macchinetta dei capelli, il frullino delle uova...
E qui emerge il mio cuore di burro: se i NO e i MIO tirano fuori il peggio di me, LULA mi intenerisce, mi trasforma in una mammolona tenera e comprensiva, piena di amore e abbracci per tutte le "lule" del mondo.
Piccolo mio, niente lula, c'è la tua mamma qui con te!

mercoledì 8 giugno 2011

Tutti al voto!

e se lo dice pure Madonna...
Vote! By Madonna

martedì 7 giugno 2011

Benvenuto Raggio di Sole

Oggi Leonardo compie 3 mesi.
Il ciccionetto. Il mio panetto di burro, sorridente e cuor contento. Il mio bimbo allegro e solare, che quando non dorme ride al mondo e a chiunque abbia tempo di fermarsi a fare due chiacchiere.
Benvenuto raggio di sole, ti vogliamo bene.

sabato 4 giugno 2011

L'ingegnere in erba 2

Esser moglie di ingegnere ha i suoi bei pro e i suoi contro.
Tra i pro possiamo annoverare senza ombra di dubbio una serie infinita di pistolotti soporiferi sugli arogmenti più disparati (fisica, chimica, meccanica, elettronica, matematica, rotazione dei solidi nello spazio, principi di termodinamica, ecc...) che mirano ad inculcare un minimo di struttura nella mente volatile di una svampita donnicciuola. Il fatto che mi ripeta sempre le stesse leggi e gli stessi principi mi fa dubitare 1) delle sue conoscenze e 2) della mia capacità di ritenzione di un qualunque concetto che esuli dalla letteratura o dalle lingue straniere.
Tra i contro spicca al primo posto l'innata propensione dell'ingegnere per la sperimentazione, più o meno scientifica.
Lasciamo perdere gli esperimenti che fa da solo, nella sua cameretta o nel suo orticello e che mettono a repentaglio solo la sua vita. Lasciamo anche perdere quelli che faceva nei primi anni di matrimonio e che, se falliti, mi avrebbero reso solo vedova.
Concentriamoci invece su quelli che fa al giorno d'oggi e che mettono a repentaglio la sua, di vita, la mia, e quella di due creature innocenti che hanno come unica colpa la nascita nella nostra sgarruppata famiglia.
Lo strumento più temibile per tutti noi è Google Earth.
Potrebbe sembrare innocuo, in fondo è solo una mappa satellitare del pianeta.
In effetti il buon Google Earth è abbastanza insignificante se ci si limita ad osservare la muraglia cinese o le linee di Nazca dalla scrivania dell'ufficio.
Diventa pericoloso se si individua una stradina di campagna e si decide di percorrerla in macchina, in un pomeriggio di pioggia, con la famiglia al completo.
Google, bontà sua, non segnala la quantità di fango o l'altezza della vegetazione che ricopre la strada. E nemmeno se la suddetta è stata percorsa da anima viva negli ultimi 50 anni o se è abbandonata come un saloon del far west da almeno un secolo.
E così, ieri pomeriggio, sotto una pioggia battente,  ci siamo ritrovati a vagare per una strada sterrata ricoperta di arbusti e erbacce, con le ruote che giravano a vuoto nel fango e la macchina che slittava da tutte le parti.
- Conosco una stradina, aveva detto l'inge, l'ho vista su Google.
Tempo poche centinaia di metri e la macchina si ferma. Non si va avanti, non si va indietro, non si riesce a girare, non si va da nessuna parte.
E ora?
Filari di alberi sulla destra, campi sterminati sulla sinistra, un bambino in triciclo che pedala davanti a noi ( non c'era, ma non mi sarei stupita di vederlo), fango ovunque che inghiotte lentamente le ruote.
Ci ha salvato il blocco del differenziale che, per quanto ne so, viene usato dai carri armati nelle sabbie mobili e che noi, a sfregio, usiamo in Piemonte, tanto per divertirci un po'.
Ancora un pomeriggio giulivo a casa dei campagnoli ;)))

venerdì 3 giugno 2011

Parliamo di EC

Dopo una settimana e più che abbiamo iniziato l'EC (elimination communiction) mi piacerebbe condividere alcune considerazioni.
Partiamo dai presupposti fondamentali dell'EC:
1) i neonati sono perfettamente consapevoli di quando devono fare cacca o pipì e lo comunicano a chi si prende cura di loro, nello stesso modo in cui segnalano di avere fame o sonno;
2) la mamma, o chi accudisce il piccolo, può facilmente imparare i segnali del suo bimbo;
3) il neonato può iniziare a fare i suoi bisogni sin dalla nascita in un luogo diverso dal pannolone, ed esempio water, lavandino, doccia, vasino, contenitori di vario genere;
4) lo scopo di tutto questo è fare comprendere al bambino che cacca o pipì sono bisogni come gli altri, che vengono riconosciuti e presi in considerazione e abituarlo fin da subito ad un luogo specifico per farli.

La teoria è chiara, anche se, le prime volte che ho letto i siti dedicati a questo argomento non potevo credere che si potesse fare a meno dei pannoloni. Davvero, il mio cervello faticava anche solo a concepire una tale idea rivoluzionaria.
Fatta la pace con la teoria bisogna passare alla pratica.
La pratica è abbastanza semplice, almeno a parole: togli il pannolone a tuo figlio, lo osservi e quando ti segnala cacca o pipì lo prendi e lo sostieni sopra il contenitore da te scelto per i bisogni.
Peccato che:1) i neonati di 3 mesi facciano circa 5 - 6 pipì all'ora e che non sempre si capisce quando la stanno per fare e 2) c'ho una vita da vivere, ovvero: non posso passare le giornate a fissare il pisellino di mio figlio in attesa di una qualche goccia di pipì (la cacca è più facile, le "prendo" quasi tutte).
Quindi ho messo in pratica un EC abbastanza morbido: appena si sveglia lo metto sul vasino e becco tutta la cacca e la pipì della notte; vasino a metà giornata con la cacca del pomeriggio e poi ancora un paio di volte alla sera:
Se ho tempo lo lascio a culetto scoperto e prendo quel che riesco; altrimenti (se devo uscire, di notte o se ho ospiti) gli lascio il pannolone.
La cosa incredibile è stato che Leonardo sin dalla prima volta ha fatto subito cacca e pipì nel vasino, come fosse la cosa più naturale del mondo. Ero veramente stupefatta. L'altra cosa bellissima è che la comunicazione tra noi è diventata molto più intensa: mi segnala chiaramente quando deve fare qualcosa e, devo ammetterlo, ne sono fierissima.
Un altro vantaggio che non avevamo previsto è che Gabriele (2 anni e 2 mesi, ancora con pannolone) vedendo il microfratello che usa il vasino, comincia a prendere confidenza con il water.
Due precisazioni: 
1) ho iniziato l'EC perchè Leo è chiarissimo a segnalare la cacca. Passati i primi 2 mesi ad aprire il pannolone per fargliela fare ho pensato che valeva la pena provare l'EC; 
2) quando dico che lo metto sul vasino intendo che tengo il vasino tra le gambe e lui abbracciato a me, la sua schiena sostenuta dal mio petto (tenete conto che Leo è grosso, pesa più di 8 kg e riesce a stre seduto abbastanza bene). 
Il mio obiettivo è fargli prendere confidenza sin da ora con il vasino, di modo che con il passare dei mesi possa stare sempre più a lungo senza pannolone, pulito e asciutto. Vorrei evitare di arrivare a 2 anni e passa e dover iniziare il training dall'inizio.
Ok, questo è tutto.
Voi che ne pensate?!