L'altro giorno, mentre sul treno osservavo 4 ragazzine sedute vestite in modo identico, con scarpe, jeans, mutande (si vedevano anche quelle), felpe uguali, con gli stessi zaini e pettinate, truccate, atteggiate in modo assolutamente conforme ho pensato a Jessica.
Jessica era in classe con me alle medie ed era, a soli 11 anni, quella che oggi definiremmo una "fashion designer", faceva tendenza, dettava moda, inaugurava stili e la sua parola era legge. Vestivi come diceva lei? Eri dentro. Ti vestivi in modo autonomo, secondo quello che piaceva a te? Eri fuori, emarginata, nessuno ti rivolgeva la parola, derisione e indifferenza, questo era quello che ti spettava.
Naturalmente nessuna di noi voleva essere relegata in un deserto di solitudine, perciò ci affannavamo in una corsa senza fine nella speranza di azzeccare colori, taglie, modelli e compiacere il nostro Capo, ignorando di essere come Achille e la tartaruga, non l'avremmo mai raggiunta.
Ora, ripensando a Jessica e alle sue "trovate" modaiole, mi vengono i brividi, credo di non essermi mai vestita tanto peggio come in quei 3 anni.
Nell'ordine, ricordo con orrore di avere indossato:
- una fascia in spugna con i colori dell'Italia sulla fronte e, contemporaneamente, due polsini, ovviamente in spugna, con la bandiera francese ai polsi;
- delle calze, naturalmente in spugna, bianche con dei cuoricini rosa e azzurri (Jessica avrebbe preferito gialli, ma non li ho trovati);
- degli orecchini con un grande cuore blu che erano pieni di nichel, cui sono allergica, e mi facevano venire delle orecchie enormi, gonfie di pus e doloranti;
- una fetentissima tuta da ginnastica azzurrina, con delle righine rosse, che odiavo con tutta me stessa ma che Cinzia trovava D-E-L-I-Z-I-O-S-A;
- qualcosa come 10-12 braccialettini in simil stoffa plasticosa che si compravano in merceria e che per attaccarli al polso bisognava bruciarne le estremita sul fornello, cosa che, facendo da soli, provocava piccole ma dolorose ustioni alla pelle;
- una striscia di cuoio, lunghissima, arrotolata a spirale al polso su modello di Morten Harket, cantante degli A-Ha, che bisognava farci la doccia perchè era impossibile da togliere e rimaneva umida per ore e stingeva di marrone, oltre a puzzare leggermente di muffa;
- delle strisce di pizzo bianco, Madonna docet, che usavamo al posto delle stringhe nelle fantastiche scarpe da ginnastica rosa metallizzato comprate per l’occasione;
- calze, maglioni, fermacapelli fosforescenti;
- un Woodstock giallo di stoffa applicato sul giubboto di jeans, ma a Cinzia non è piaciuto perchè secondo lei era troppo slavato e poco giallo;
E stendiamo un velo pietoso sulle pettinature e sul trucco, che a rivedere le foto di allora mi vien voglia di ritoccarle con Photoshop, sono truccata a 13 anni come Platinette nei suoi momenti migliori.
So che non serve a nulla mettere in guardia le future generazioni sul bisogno adolescenziale di conformarsi a modelli più o meno autorevoli, perciò non dirò nulla... però ragazze, fate attenzione: chiunque vi emargini solo per un paio di calzini, non è degno nemmeno di allacciarvi le scarpe.
Jessica era in classe con me alle medie ed era, a soli 11 anni, quella che oggi definiremmo una "fashion designer", faceva tendenza, dettava moda, inaugurava stili e la sua parola era legge. Vestivi come diceva lei? Eri dentro. Ti vestivi in modo autonomo, secondo quello che piaceva a te? Eri fuori, emarginata, nessuno ti rivolgeva la parola, derisione e indifferenza, questo era quello che ti spettava.
Naturalmente nessuna di noi voleva essere relegata in un deserto di solitudine, perciò ci affannavamo in una corsa senza fine nella speranza di azzeccare colori, taglie, modelli e compiacere il nostro Capo, ignorando di essere come Achille e la tartaruga, non l'avremmo mai raggiunta.
Ora, ripensando a Jessica e alle sue "trovate" modaiole, mi vengono i brividi, credo di non essermi mai vestita tanto peggio come in quei 3 anni.
Nell'ordine, ricordo con orrore di avere indossato:
- una fascia in spugna con i colori dell'Italia sulla fronte e, contemporaneamente, due polsini, ovviamente in spugna, con la bandiera francese ai polsi;
- delle calze, naturalmente in spugna, bianche con dei cuoricini rosa e azzurri (Jessica avrebbe preferito gialli, ma non li ho trovati);
- degli orecchini con un grande cuore blu che erano pieni di nichel, cui sono allergica, e mi facevano venire delle orecchie enormi, gonfie di pus e doloranti;
- una fetentissima tuta da ginnastica azzurrina, con delle righine rosse, che odiavo con tutta me stessa ma che Cinzia trovava D-E-L-I-Z-I-O-S-A;
- qualcosa come 10-12 braccialettini in simil stoffa plasticosa che si compravano in merceria e che per attaccarli al polso bisognava bruciarne le estremita sul fornello, cosa che, facendo da soli, provocava piccole ma dolorose ustioni alla pelle;
- una striscia di cuoio, lunghissima, arrotolata a spirale al polso su modello di Morten Harket, cantante degli A-Ha, che bisognava farci la doccia perchè era impossibile da togliere e rimaneva umida per ore e stingeva di marrone, oltre a puzzare leggermente di muffa;
- delle strisce di pizzo bianco, Madonna docet, che usavamo al posto delle stringhe nelle fantastiche scarpe da ginnastica rosa metallizzato comprate per l’occasione;
- calze, maglioni, fermacapelli fosforescenti;
- un Woodstock giallo di stoffa applicato sul giubboto di jeans, ma a Cinzia non è piaciuto perchè secondo lei era troppo slavato e poco giallo;
E stendiamo un velo pietoso sulle pettinature e sul trucco, che a rivedere le foto di allora mi vien voglia di ritoccarle con Photoshop, sono truccata a 13 anni come Platinette nei suoi momenti migliori.
So che non serve a nulla mettere in guardia le future generazioni sul bisogno adolescenziale di conformarsi a modelli più o meno autorevoli, perciò non dirò nulla... però ragazze, fate attenzione: chiunque vi emargini solo per un paio di calzini, non è degno nemmeno di allacciarvi le scarpe.