E' un po' che non scrivo, quasi una settimana.
Il punto è che sono rimasta traumatizzata.
No, non dall'ennesimo scorpione in sala, o dalle vagonate di fango in macchina o sui vestiti, nemmeno dal Nanno che, bontà sua, più che crescere e tentare di venire a capo di questo mondo misterioso non fa.
No, sono rimasta traumatizzata dalla prima uscita libera negli ultimi 7 mesi e 1/2.
E' andata così.
Tutta la famiglia campagnola è scesa in città, giusto una settimana fa, per portare il Nanno dall'osteopata (forse vi racconterò in un post perchè e per come).
Poi, visto che l'appuntamento era al mattino, avevamo programmato di deportare il Nanno da nonna Giudix e andarcene in centro per negozi.
Non ci ho dormito una settimana, su questo progetto (una volta, non avrei dormito su cose un po' più serie ma babbè).
Il giorno fatidico, mollat... ehm... lasciato il Nanno dalla nonna ci siamo fiondati in centro e per 2 ore e 40 abbiamo avuto le mani e, soprattutto, la testa libera per fare, pensare, andare dove volevamo senza problemi.
Un sogno.
Salivo e scendevo le scale che manco mastro Lindo.
Entravo e uscivo dai camerini.
Mi muovevo agile tra gli scaffali delle librerie senza dover ripetere la solita litania "nontoccareattentoallemaninontisporgererestasedutoscusisignoranontogliertilescarpe
miscusioddioècadatoilciuccioprendiunpezzodipanetimettolagiaccatitolgoilcappello"
Ho perfino preso una cioccolata seduta in un bar strafigo sola con Jeeg, come facevamo cent anni fa, nella nostra vita a.N.
Poi è finito tutto.
Ci siamo ripresi la gioia della nostra vita e siamo rientrati alla base.
Ma io non son più la stessa.
Ora che ho riassaggiato l'ebbrezza della libertà conto i giorni che mi separano dall'apertura del micronido qui al paesino (lo stanno costruendo).
Ecco, l'ho detto.
E ora arrestatemi pure.